giovedì 28 novembre 2013

Exploding Sun (2013) | Recensione

Exploding Sun
Voto Imdb: 3,2
Titolo Originale:Exploding Sun
Anno:2013
Genere:Fantascienza / Catastrofico
Nazione:Canada
Regista:Michael Robison
Cast:Anthony Lemke, David James Elliott, Julia Ormond, Natalie Brown.

Il cast principale: foto di gruppo, solitamente la cosa migliore di queste produzioni.
Un ben ritornato ai mappazzoni di serie Z su questa sede!

Con questa frase di apertura vi ho già inquadrato il soggetto di cui parleremo oggi. Exploding Sun è un film canadese del 2013, etichettabile come Vera Merda e candidato ad entrare nel Gotha del Nirvana delle Cagate Micidiali così tanto evocato nelle mie recensioni, dove filmoni del calibro di Robotropolis, Zombie Apocalypse, The Terminators et similia se la sono giocata a colpi di sceneggiature raccapriccianti, recitazioni canine, effetti speciali di cartapesta e musiche randomiche eseguite con la Diamonica Bontempi. Exploding Sun irrompe a gamba tesa con il chiaro intento di eclissare queste produzioni. Riuscirà nel suo intento? No, il film fa talmente cagare da fallire anche questo miserevole scopo. E' brutto, ma non così brutto da entrare nel campo del Trash con la T maiuscola. Non ha guizzi, non ha colpi di genio, si trascina stancamente con la sua dose strabordante di Zero Plausibilità e con quantitativi massicci di Espressioni Vacue da parte degli attori. E sì che le premesse c'erano tutte!
Riassunto di Sky on Demand: Atmosfera surriscaldata in un inedito film di fantascienza che paventa la peggiore delle catastrofi, con David James Elliott (Jag - avvocati in divisa). Un'astronave viene polverizzata da una tempesta solare. L'incidente innesca una serie di cataclismi a catena che rischiano di distruggere il pianeta Terra nel giro di 48 ore...
Trama più in dettaglio. No, davvero, la volete? Eccovi serviti! Anche perché altrimenti non saprei cosa dire del film, e voi non avreste un'idea di quanto sia orrendo. Eppoi vale sempre il concetto del: "voi dovete soffrire a leggere la trama esattamente come ho sofferto io nel guardare il film.". Se non volete spoiler, saltate l'intero paragrafone. Ma, credetemi, voi NON avrete voglia di vedere il film e non vi rovinereste nulla.

SPOILER ALERT!

I geni del marketing: quanto speri di guadagnarci spedendo
nello spazio 4 passeggeri, dato che i primi due sono i piloti?
Dunque. Abbiamo lo scienziato Craig, un genio dalla mente sopraffina e dotato di capacità relazionali prossime allo zero. D'altronde non rappresenterebbe lo stereotipo del Genio Disadattato. Craig inventa un super motore, chiamato Motore Scalare (eh?) in grado di far viaggiare le astronavi a velocità prossime a quella della luce. Il motore viene montato sull'astronave Roebling Clipper, che compirà il primo viaggio civile verso la Luna. Il Governo e la Nasa scelgono attentamente chi comporrà l'equipaggio: la super pilota Fiona (che sembra uscita dai G.I. Joe), la moglie del Presidente degli Stati Uniti (per far salire le calanti quotazioni del marito), Hernandez, un civile vincitore del concorso con in palio un biglietto, un ricco filantropo e il proprietario della stessa ditta aerospaziale. Insomma, un equipaggio raffazzonato senza il minimo criterio e senza una motivazione sensata che giustifichi la presenza anche di uno solo di loro. Ma procediamo oltre. Fra l'equipaggio c'è anche Denise, l'amante di Craig che ha il compito di raccogliere informazioni di prima mano necessarie agli studi del brillante ma stronzissimo fidanzato. Durante la fase di decollo, ecco che in sala di controllo compaiono Don Wincroft e Cheryl. L'atmosfera raggiunge temperature polari in un picosecondo: la donna è la ex di Craig nonché braccio destro del Presidente, l'uomo è un ex-pilota della NASA nonché l'ex migliore amico di Craig. E, bravi, avete indovinato: Craig ha ricevuto da costoro la combo "Migliore Amico ti tromba la Futura Moglie rovinandoti la vita.".
Momenti di tensione in sala di controllo. I galletti alzano
la cresta! Mentre dietro di loro si consuma il dramma...
Durante il viaggio, con la tensione a mille causata dalla presenza di Don (in pratica i due galletti passano il tempo a bisticciare facendosi i cazzi loro), l'astronave incappa in una serie di gravi turbolenze solari che ne potrebbero minare la sicurezza; proprio mentre Craig sta per impartire il fondamentale ordine "NON avviate il Motore Scalare, potreste rovinare tutto e finire dentro il Sole!", Cheryl interrompe le comunicazioni e passa le redini del comando a Don perché ritiene Craig inadatto ad affrontare l'imminente tragedia. Sull'astronave tutti invece recepiscono il messaggio "Accendente il Fottuto Motore Scalare!" ed ecco che la catastrofe si consuma davanti agli occhi di tutti: la Roebling viaggia sparata a 9000 chilometri al secondo e, per di più, noi spettatori veniamo brutalmente colpiti da una sequenza memorabile quanto una martellata sui coglioni in cui i membri dell'equipaggio, consapevoli della fine che troveranno, lanciano su SKYPE (cazzo, su SKYPE! NO, SUL SERIO: USANO SKYPE PER COMUNICARE SULLA TERRA! E per di più Skype deve essere più veloce della luce, perché la comunicazione avviene in tempo reale senza lag...), dicevo lanciano su SKYPE il loro ultimo saluto ai parenti rimasti sulla Terra.
Poteva forse mancare l'entrata in scena dell'equipaggio
in stile Armageddon dei poveri? No, non poteva!
Dopo venti minuti di tedio che terminano con un guizzo liberatorio, l'astronave si polverizza all'interno del Sole. Non contenti di ciò, gli arguti sceneggiatori hanno l'ardire di ipotizzare che il Motore Scalare, invero una particella subatomica se rapportato alle dimensioni del Sole, è in grado di innescare una serie infinita di esplosioni nucleari che, per l'appunto, faranno deflagrare il Sole distruggendo quindi l'intera galassia. Chi salverà la Via Lattea? Ovviamente DON! E come? I genialoidi affermano che basterebbe innescare un'esplosione uguale ma di polarità inversa per rendere il processo reversibile. Beh, dovete sapere che i militari hanno in precedenza segretamente rubato i progetti di Craig e in fretta e furia hanno costruito una replica del Roebling ad uso militare. Colpo di scena, nevvero? E chi lo piloterà? Ovviamente Don, addestrato all'uopo, e Craig, perché nel frattempo le prime letali radiazioni solari hanno messo a soqquadro il mondo intiero, annientando tutte le apparecchiature elettroniche e riportando i terrestri a condizioni primitive senza elettricità e luce. Ovviamente, mentre vediamo il prode duo decollare sullo shuttle in direzione del Sole, non possiamo fare a meno di domandarci:
- Ma come riescono in due a far decollare il Roebling 2 se per il primo c'era bisogno di un'intera sala di comando?
- Ma le radiazioni solari non avevano messo fuori uso tutte le apparecchiature elettroniche? Come cazzo ha fatto a decollare il Roebling 2?
Le domande, invero oziose, entrano ed escono dal cervello alla stessa velocità dello shuttle, che nel frattempo è già davanti al Sole; nel tragitto, i due Veri Uomini fanno pace (ci mancava la redenzione finale), anzi Craig, che ha perso l'amante, e pure l'ex ma ha riguadagnato la Vera Amicizia Virile, decide di sacrificarsi. E' troppo complicato spiegarvi come. La scena è questa:
Craig: - Don! Solo tu puoi pilotare l'aereo  e solo io sono in grado di attivare la bomba da scagliare contro il Sole. Mi lancerò nel Sole e tu tornerai a casa. [sì, i militari dentro l'aereo hanno, già che c'erano, costruito una Bomba Scalare. Non ridete. NdGP]
Don: - Ma...
Craig: - Addio!
Craig attiva la bomba schiacciando un bottone (io non sarei stato in grado, in effetti) posizionato su un pannello dotato della gigantesca scritta: EXPLODING DEVICE e si lancia nel Sole, neanche fosse stato il Dottor Stranamore a cavalcioni sulla bombona. Nello spazio, sottolineo. Vicino al sole e senza bruciarsi, sottolineo ulteriormente.
Don atterra sulla Terra in lacrime, il Sole non esplode e Cheryl piange la morte dell'ex mentre stampa un bacio-lingua-in-bocca a Don.
Titoli di coda.
Riassunto versione Giampy: Exploding Sun, di come una banale storia di corna metta a rischio l'intera Galassia.

Bella stronzata questo Exploding Sun, nevvero?
E non vi ho nemmeno raccontato le cose peggiori. 
Innanzitutto, il film dura DUE FOTTUTE LUNGHISSIME ORE. Di solito questi filmacci si fermano a 74 / 80 minuti. Qui raggiungiamo 120 minuti di tritamento di palle ignobile. Poi vengo a sapere che in altri paesi Eploding Sun è distribuito come una mini serie-tv in due puntate da 120 minuti l'una per un totale di 240 minuti di allucinazione siderale. Tremo alla sola idea, e per una volta (una sola) mi dico: toh, a noi italiani è andata meglio.
Negli aerei del futuro, il water e il sedile coincidono.
Notate, prego, l'intensità dello sforzo del capitano Fiona.
In secondo luogo, io vi ho raccontato in dettaglio la trama principale. Il film è in realtà costellato di sotto-trame lunghissime, tediose e incontrovertibilmente inutili. C'è il biondo che sembra la versione povera di Ian Ziering di Sharknado, che resta tutto il tempo alla scrivania ad aspettare le radiazioni, e poi scopri che è il figlio di uno di quelli morti sulla Roebling mentre sua madre (Julia Ormond, l'unico nome di spicco fra gli attori) fa la volontaria in un campo profughi in Afghanistan in cui deve affrontare infiniti problemi causati da Signori della Guerra, fuggitive ribelli e colleghi che si accorgono dopo giorni di avere gambe fratturate (!); c'è la sotto-trama della moglie del civile estratto a sorte per il viaggio inaugurale (che culo, Hernandez!), e lei è l'UNICA INFERMIERA di un'intera cittadina americana e deve fronteggiare la crisi perché ovviamente si presuppone che la gente impazzisca (ma non te lo fanno vedere); c'è infine la sotto-sotto-sotto-trama della figlia adolescente del Presidente degli Stati Uniti che riesce ad eludere la sorveglianza di NASA, CIA, FBI, Mossad, Scotland Yard e pure del SISMI perché in fondo tutti i sedicenni spaccaminchia del mondo sono incontrollabili e più pericolosi di Bin Laden. Poi la vedi che si era nascosta nella Sala Ovale.
Vogliamo parlare degli attori? Parliamone! I due nomi che probabilmente vi evocheranno qualcosa sono i già citati Julia Ormond, che conosciamo per Il Curioso caso di Benjamin Button, Vento di Passioni, Che - l'argentino e Marilyn. Don è interpretato da David James Elliott, noto per JAG - Avvocati in divisa; ha successivamente interpretato personaggi minori di molti telefilm, senza mai emergere nuovamente. Craig è Anthony Lemke, da sempre caratterista e mai protagonista in tutti film, anche famosi, in cui ha partecipato. Insomma, in generale, davvero poca cosa; non sempre la carriera è indice di bravura di un attore; ma in questo caso, più indizi fanno una prova.
Effetti Speciali anni '60
L'avrete capito: Exploding Sun è un ATROCE miscuglio di trame e sotto-trame che, tutte messe insieme, non fanno una storia decente nemmeno per un fotoromanzo anni '80. La recitazione non è purtroppo paragonabile nemmeno ai telefilm di fantascienza canadesi, che almeno una loro dignità ce l'hanno (parlo di Continuum, ad esempio, che è stata una bella sorpresa della scorsa stagione; perfino Capitan Power era recitato meglio!). Questo film è chiaramente un sottoprodotto di infima categoria fatto solo perché deve aver ottenuto qualche fondo statale; non riesco a trovare, altrimenti, un solo motivo valido per dare la "luce verde" ad un progetto così pessimamente ideato e così pedestremente realizzato. Gli effetti speciali non sarebbero nemmeno malaccio (evidentemente il poco budget a disposizione è stato speso tutto nella generazione dei raggi solari che perforano le città), peccato solo che tutte le scene all'interno dell'astronave soffrano della sindrome di Star Trek - La serie originale... che però ha più di 40 anni sulle spalle. Se mi chiedete se salvo qualcosa, la risposta è un secco, laconico: "No!". Di Exploding Sun non c'è nulla da salvare. Non c'è tensione, non c'è una storia originale, non c'è nemmeno la gnocca. Insomma, fatevi un favore: evitate di buttare via 120 minuti della vostra preziosa vita, perché se poi vedrete questo film, prima o poi finirete anche con il leggere questa recensione; e io avrò sulla coscienza altri 10 minuti della vostra preziosa esistenza buttati nel cesso. Non potrei mai perdonarmelo.

Exploding Sun è meglio o peggio di Robotropolis?
Questa è una bella domanda. Robotropolis è arrivato prima e gode di un indiscutibile vantaggio; certo è che Exploding Sun se la gioca bene ma, a suo favore, va detto, ha un finale con una sua coerenza e un aspetto visivo da non buttare via. Ad ogni modo, un film da evitare assolutamente.

Il Pagellone!
Così è deciso!
Trama: 2
Ve l'ho raccontata in dettaglio, vi rimando al testo della recensione per approfondimenti. La trama è semplicemente orrenda.
Musiche: 4
Ah, c'erano pure le musiche? Non me ne sono minimamente accorto.
Regia: 4
Montaggio da telefilm, ulteriormente peggiorato dal fatto che la versione originale dura 240 minuti e, per forza di cose, ottenerne un film fruibile di 120 minuti senza sbavature è operazione molto difficile. Qui addirittura è stata fallimentare.
Ritmo:
5
Niente che raggiunga la sufficienza ma, forse, il ritmo (non certo frenetico) è l'aspetto più positivo del film. E' tutto dire, lo so.
Violenza: 3
La violenza è quella fatta nei confronti degli ignari spettatori...
Humour: 1
Eccessivamente serioso e senza nemmeno un pezzo da umorismo involontario come, ad esempio, il già evocato Sharknado.
XXX: 0
Il nulla cosmico, non si sono nemmeno sforzati, i maledetti.
Voto Globale: 3
Bocciato su tutta la linea, neanche un solo aspetto preso singolarmente riesce a raggiungere la sufficienza. E vi chiarisco qui, in sede di commento, come Exploding Sun sia talmente insulso da non riuscire nemmeno ad entrare nel Gotha del Nirvana delle Cagate Micidiali.

venerdì 18 ottobre 2013

Rush (2013) | Recensione

Rush
Voto Imdb: 8,3
Titolo Originale:Rush
Anno:2013
Genere:Drammatico / Biografico / Sportivo
Nazione:Stati Uniti
Regista:Ron Howard
Cast:Daniel Bruhl, Chris Hemsworth, Olivia Wilde, Alexandra Maria Lara, Pierfrancesco Favino

Rush è la storia di Niki Lauda e Jams Hunt. Musica, prego.

Il mio primo impatto con il mondo della Formula 1 è stato quando udii, da piccino piccino, queste parole:

Chi fu l'eroe per chilometri e chilometri,
a chi però il destino disse no,
ma il cuore è più potente di una macchina,
e la paura non lo fermerà

Grand Prix e il campionissimo
Se non avete riconosciuto il testo di questa canzone, vergognatevi in silenzio e riparate immediatamente ascoltando la sigla del cartone animato "Grand Prix e il campionissimo"[1]. Gran pezzo cantato da Douglas Meakin  e Rino Martinez con il nome Superobots e scritto da Vito Tommaso. Erano i primissimi anni '80, e Grand Prix narrava le vicende di Takaya Todoroki, talentuoso pilota con il grande sogno di diventare campione del mondo di Formula 1. In una delle prime puntate il protagonista ha un incidente e teme che il suo sogno resti solo tale: a salvarlo dall'oblio e ad insegnargli tecniche di guida prodigiose come la famigerata "sbandata controllata" alla quale viene dedicato un episodio intero, arriva il misterioso personaggio bendato e sfigurato Niki Lans. Takaya entrerà nella sua scuderia e guiderà un potente prototipo, la Todoroki Special, auto dalle avveniristiche sei ruote (quattro anteriori e due posteriori) in grado di permettergli di compiere il grande salto. Alt, fermatevi un attimo! Quanti elementi reali avete riconosciuto in queste poche righe di riassunto? Ve li dico io: l'uomo bendato è ovviamente Niki Lauda; la Todoroki Special è la fantastica Tyrrell P34 che gareggiò nel 1976; Takaya stesso, pilota dal talento cristallino e un po' cazzone che per gran parte delle gare non vincerà una fava per colpa di sfighe assortite, può essere paragonato per certi aspetti al James Hunt degli esordi, anche se come carattere è molto diverso. Oltre a Niki Lauda, lo stesso James Hunt deve aver molto colpito gli autori nipponici: nel bellissimo manga F di Noboru Rokuda (arrivato anche in Italia sia nella versione cartacea che in quella animata col titolo Motori in pista), il protagonista Gunma Akagi condivide molti aspetti del pilota britannico. Leggetelo, non ve ne pentirete.
Ecco la Tyrrell P34!
E' innegabile che il mondo della Formula 1 e, più in particolare il Campionato del 1976, colpì potentemente l'immaginario collettivo; gran parte del merito è dovuto, a mio parere, a questi stessi elementi presenti in Grand Prix e in F - Motori in pista: personaggi fuori dall'ordinario accomunati dal romanticismo della figura del pilota che sfida la morte superando i propri limiti, imprese sportive che consegnano i campioni alla Storia e incidenti spaventosi e drammatici a fare da contorno a tutto il resto.

Fantastica ripresa prima di una corsa. 
James Hunt & la Gnocca
Rush è un film costruito attorno alla vita (sportiva e non) proprio di questi due grandissimi piloti: James Hunt (interpretato da Chris Hemsworth) e Niki Lauda (Daniel Brühl), grandi rivali sulla pista, dai caratteri decisamente agli antipodi l'uno dall'altro, in lotta per imporsi come i migliori piloti del circuito. La prima mezzora è il riassunto dei loro esordi e su come iniziano a conoscersi e scontrarsi. Non che fosse difficile: Lauda era noto per essere uno spaccacoglioni di prima categoria; preciso, calcolatore, freddo, antipatico ma terribilmente efficace ed efficiente e, soprattutto, in grado di capire un'auto e modificarla al meglio; James Hunt era proprio l'opposto: estroverso, donnaiolo, scavezzacollo ai limiti dell'incoscienza ma debole di fronte a vizi e tentazioni (ecco l'immancabile mix di alcool - sesso - droga). Dopo che il film ci spiega un po' di chi si sta parlando, si entra nel vivo: perché alla vita e alla personalità dei due uomini, si intrecciano le vicende del Campionato di Formula 1 del 1976. Lauda guida la Ferrari ed è il favorito alla vittoria; Hunt guida la McLaren ed è considerato il grande outsider. Fra sportellate, squalifiche, ricorsi e riammissioni, il campionato procede con una sorpresa dietro l'altra fino a quando non succede un evento che cambierà la sua storia: nel terribile circuito del Nürburgring in Germania, a causa della pista bagnata e della pericolosità intrinseca del tracciato, Lauda perde il controllo della vettura; l'urto è terrificante, l'auto rimbalza sulla pista e viene colpita da altre vetture, causando un incendio nell'abitacolo. Prima di essere miracolosamente estratto, Lauda resta un minuto intrappolato in mezzo a fiamme di 800°. In bilico fra la vita e la morte, viene trasportato in ospedale dove viene salvato per un pelo. Le conseguenze dell'incidente sono note e ben gravi: ustioni su tutto il viso ormai sfigurato e l'impossibilità a correre per quello che i dottori ritengono un bel periodo. Hunt approfitta dell'assenza del rivale, che fino a quel momento era in vantaggio, e recupera tutto il terreno perduto in classifica. Lauda decide, contro il parere del mondo intero (solo la moglie lo sosterrà in silenzio in tutte le sue decisioni), di tornare in pista incazzato più che mai nonostante le pietose condizioni. Ecco che il campionato, corsa dopo corsa, vive un finale degno del miglior thriller con i due piloti che arrivano all'epilogo in Giappone separati da pochissimi punti. Non vi racconto il finale, anche se di fatto vi ho spiattellato tre quarti di film: qui si parla di Storia e di eventi che in molti, anche se solo per sommi capi, già conoscono.
Lauda, Hunt & la Birra
L'obiettivo del film, ad ogni modo, non è fare una cronaca minuziosa di quel Campionato, tanto che dell'esito di alcune corse ne veniamo a conoscenza soltanto grazie a qualche scritta in sovrimpressione o ai dialoghi dei personaggi. In Rush a fare da padrone sono gli uomini, prima ancora che gli eventi. Lo scontro fra Lauda e Hunt è nel suo piccolo titanico. Ci sono due uomini con due palle così, che fumano davvero. E alla fine, è sempre bene non fermarsi alla superficie; Hunt non è solo un cazzone dedito a sbevazzate e ad una vita sentimentale tumultuosa, così come Lauda non è solo un freddo calcolatore. Entrambi hanno slanci inaspettati che li rendono più sfaccettati e con una personalità ben definita e non tagliata con un'accetta; ci sono tante sfumature di grigio, ciascuno di loro ha luci ed ombre che li rende, per così dire, davvero unici e non mono-dimensionali. Va detto che gran parte del merito va condiviso fra la sceneggiatura - a mio avviso scritta davvero bene - e la convincente interpretazione dei due attori. Se da un lato Chris Hemsworth ha dimostrato di non essere solo bicipiti & Thor, dall'altro Daniel Brühl è stupefacentemente perfetto nel ruolo di Niki Lauda. Non parlo solo di una somiglianza fisica; è proprio identico nella postura, nello sguardo, nelle smorfie, fors'anche nella voce con un inconfondibile accento crucco se solo l'avessimo visto in lingua originale (aspetto totalmente cancellato dal doppiaggio italiano). Quando in una delle ultime scene vedi il volto del vero Niki Lauda che, invecchiato, guarda il tramonto, neanche ti rendi conto del cambio di attore, sembra un passaggio quasi naturale. Brühl lo candido all'Oscar 2014, sappiatelo!
Olivia Wilde. Punto.
Se poi vogliamo continuare a parlare del cast, degna di nota è Olivia Wilde nella parte di Suzy Hunt (a parlare per lei ci penserà il Neurone Numero 4 dopo le Pagelle). Ed è impossibile non sottolineare l'interpretazione di Baffo Pierfrancesco Favino nella parte del pilota svizzero Clay Regazzoni (figura importantissima per l'inizio della carriera di Lauda); l'attore all'inizio mi era sembrato Roberto da Crema, ma poi ho realizzato che era impossibile che il piazzatore dei Watch, i tarocchi cinesi della Swatch, potesse essere impiegato in un film di così alto livello... ma non divaghiamo: il cast funziona grandiosamente allo scopo.
Vorrei spendere una parola sul regista. Prima di tutto, mi sono sfracellato i maroni a leggere, qua e là, all'alba del 2013, frasi del tipo: "Il Richie Cunningham di Happy Days ha diretto Questo o Quel film". Sono anni che Ron Howard sta tirando fuori dei Signori Film e da tempo ha impresso il suo nome e il suo marchio nel Gotha dei registi con un loro perché. Come Ron Howard e non come Richie Cunningham, cazzo. Pochi sono i film da lui veramente sbagliati, a mio avviso. Il primo che mi viene in mente è, nonostante i grandi incassi, Il Codice da Vinci. Non che lui l'abbia diretto male. Sono proprio il film e il libro ad essere sbagliati in partenza. Ron Howard con Rush ha invece offerto a mio modo di vedere una delle sue prove più convincenti in assoluto. Il film è solido, senza cedimenti, ben equilibrato in tutte le sue componenti. Riesce, infatti, ad essere apprezzato sia dal patito di auto che da chi non sa nemmeno cosa sia un cambio manuale. Amici amanti del rombo di tuono motoristico, datemi retta: non abbiate paura a portarvi dietro mogli o fidanzate: apprezzeranno anche loro!
Momenti concitati. Bremmm Breeeeeeeemmmmm!
Di pregi il film ne ha anche altri: una grandiosa fotografia, che rende in modo gagliardo la sua ambientazione anni '70; le (poche) corse rese in modo davvero magnifico con telecamere piazzate ovunque: sulle auto, ai cordoli, sui guard-rail, sugli elicotteri e chi più ne ha, più ne metta. L'attenzione ai dettagli è a livelli assolutamente maniacali, ed è quasi una sorpresa per un film di Ron Howard. Lo stesso regista sorprende anche per il taglio realistico, senza lesinare su particolari anche cruenti; ti spiattella la testa mozzata di un pilota coinvolto in un tragico incidente; se Hunt deve trombare, ecco, lui tromba senza tanti complimenti; se Lauda ha i polmoni pieni di liquido, ti fa anche vedere che gli infilano un tubo nella trachea per l'aspirazione e per di più senza anestesia. Se c'è da drammatizzare forse andando anche oltre il realismo, e se c'è da colpire duro, Ron non si tira indietro. Un altro aspetto convincente, lasciatemelo dire, lo si nota guardando il film al cinema: il rombo dei motori ha invaso la sala in modo veramente assordante ed esaltante. Mi sembrava di essere un meccanico alle prese con le sospensioni delle auto nel mezzo dei box! Non essendo un esperto, non vi so dire se poi il rombo fosse davvero quello di una Ferrari, ma non mi stupirei se quelli del team degli effetti speciali si fossero prodigati in tal senso. Infine, un plauso va alla sceneggiatura per un altro buon motivo: non ho usato la parola "bilanciato" a caso. Nel film non c'è assolutamente una predilezione per Lauda piuttosto che per Hunt. Il ritratto di entrambi è davvero equilibrato e neutrale; la cosa è ancora più apprezzabile se si pensa che Lauda stesso ha partecipato in prima persona come consulente al lavoro preliminare di stesura dello script. Complimenti quindi allo sceneggiatore Peter Morgan (fra gli altri: Frost/Nixon - Il duello, The Queen - La Regina, Il Maledetto United).
Nella sostanza, Rush è un film che ha fatto davvero centro. Io mi sono emozionato a vederlo, e per me questo è un fatto imprescindibile. Non importa sapere davvero chi alla fine vince QUEL Campionato del 1976. Quello che importa è il ritratto umano di due Campioni che il destino ha voluto fossero rivali e diversi in tutto ma che, in fondo, si sono rispettati in modo autentico e sincero.
MARLENEEEEEE!
Rush ha comunque qualche difettuccio qua e là, ma in sostanza la sua visione è consigliata anzi caldeggiata fortemente dal sottoscritto. Poco importa se in una scena ambientata a Trento senti parlare in napoletano (gli americani a volte hanno idee un po' confuse sulla geografia), o se sempre nella scena di Trento, in mezzo alle distese di alberi di mele, ti viene l'illuminazione nel renderti conto del nome della futura moglie di Lauda e ti viene da ghignare urlando mentalmente: "MARLEEENEEEE!"; poco importa se il doppiaggio non è brillante o se alla fine fanno vedere meno gare di quanto avresti voluto. Rush va bene così com'è. Promosso a pieni voti.

[1] Toh, vi semplifico la vita: Videosigla di Grand Prix e il campionissimo

Il Pagellone!
Così è deciso!
Trama: 7,5
Ottimamente bilanciata; si parla di motori, ma anche di uomini e di grandi personalità. Senza essere stucchevole ma anche senza grandi guizzi o colpi di scena, qui in effetti inutili.
Musiche: 7,5
Colonna sonora di Hans Zimmer: un nome una garanzia. Il suo stile inconfondibile si mischia molto bene a grandi canzoni dell'epoca.
Regia: 9
Ron Howard ha, per me, diretto il suo miglior film finora. E' una prova registica davvero eccellente con un sapiente uso di telecamera, fotografia, post produzione e con l'aiuto di un cast molto valido.
Ritmo: 7
Contrariamente a quanto si pensi, non è un film dal ritmo folle.
Violenza: 6
Non c'è violenza in senso stretto. Ma il regista non si risparmia in scene splatter se il caso e la sceneggiatura le prevedono.
Humour: 6
Si sorride alle schermaglie fra Niki e James, e fra i piloti e i giornalisti. Stop.
XXX: 5
Incredibilmente per un film di Ron, si vede qualcosa! Oh! E Olivia Wilde ha sempre un suo fascino.
Voto Globale: 8
Ne ho già parlato fin troppo bene nella recensione. Rush è un film promosso per tanti motivi. Se a distanza di giorni sono ancora lì che mi rileggo un po' di Storia della Formula 1, è anche merito suo.

Neurone Numero 4 in azione! Start your engine, ecco a voi Olvia Wilde! Click per ingrandire le immagini.







lunedì 7 ottobre 2013

Scott Pilgrim vs. the World (2010) | Recensione

Scott Pilgrim vs. the World
Voto Imdb: 7,5
Titolo Originale:Scott Pilgrim vs. the World
Anno:2010
Genere:Commedia / Azione / Fantastico
Nazione:Stati Uniti
Regista:Edgar Wright
Cast:Michael Cera, Mary Elizabeth Winstead, Kieran Culkin, Alison Pill, Chris Evans, Anna Kendrik, Ellen Wong

Il dinamico (seee) duo protagonista.

Sono molto incazzato. Ma proprio tanto. Ancora non so se con me stesso o se con il film Scott Pilgrim vs. the World. Per spiegarvi il mio punto di vista, proviamo a fare un po' la spunta di quello che potrebbe piacermi in un film leggero leggero e vediamo se Scott Pilgrim rispetta i parametri:
  • Film dal tono scanzonato e folle? Taaac!
  • Film con scene action e fumettose da farlo sembrare un Naruto o un Dragon Ball live-action? Taaac!
  • Film con del sano rock e, più in generale, con una colonna sonora da urlo? Taaac!
  • Film che cita a piene mani il mondo pop degli 8-bit Anni Ottanta, trasformando tutto in un coloratissimo videogame? Taaac!
  • Film innovativo dal punto di vista della struttura visiva e del montaggio? Taaac!
  • Film diretto da un regista geniale? Taaac!
  • Film che in poco tempo ha assunto le connotazioni di cult cinematografico? Taaac!
Ma... ma... tutto ciò è fantastico! Ci sono tutti quegli ingredienti che mandano in sollucchero il mio scarso gusto cinematografico, quello pop e leggero, quello allegro e disincantato, quello che non richiede l'impegno di tutti i miei 5 neuroni contemporaneamente. Allora perché sono incazzato?

Perché Scott Pilgrim mi ha un pochino fatto cagare. E lo dico proprio con queste parole, che so benissimo essere invise a chi parla forbito e mi chiede di non esprimermi con un gergo triviale da bambino dell'asilo che scimmiotta le parolacce dei grandi. Ci sto pensando da giorni, a questo Scott Pilgrim, e da giorni mi sto chiedendo il perché di questa conclusione per certi versi inaspettata. Direte che sbaglio, ma uno dei miei metri di giudizio è l'espressione del viso che ho durante i titoli di coda di un film. Qui avevo una smorfia del tipo: "EH?" e la boccuccia socchiusa a forma di piccola "o". Il problema è che questa stessa espressione stava perdurando praticamente fin dall'inizio.
Il cast dei "Buoni"
Il film parte con una veloce presentazione del protagonista: Scott Pilgrim (Michael Cera) è uno sfigato ventiduenne tremendamente immaturo e smidollato, mai del tutto ripresosi dal benservito arrivatogli dalla ex-fidanzata; membro bassista di un'altrettanto sfigatissima band grunge dal nome Sex Bob-omb, è attualmente impegnato con Knives Chau (Ellen Wong), una liceale diciassettenne asiatica perché di meglio non riesce a rimorchiare e perché in fondo così è più facile esercitare il fascino del grande sui piccoli. Scott vive in appartamento con Wallace (Kieran Culkin), gay dichiarato, ingombrante, impiccione, simpatico e arrogantello: un fortissimo personaggio che fa scappare ben più di una ghignata; ha una sorella (Anna Kendrick) che è l'unico essere veramente senziente in tutta questa sarabanda di pazzi furiosi. Dulcis in fundo, da tempo Scott sogna costantemente una ragazza dai capelli colorati, Ramona Victoria Flowers (Mary Elizabeth Winstead), di cui si innamora follemente il giorno in cui la incontra davvero. Peccato che per poter fidanzarsi con lei, Scott debba riuscire a mollare la povera Knives (cosa che gli riuscirà terribilmente difficile a causa del suo essere smidollato) e, soprattutto, affrontare e sconfiggere i terribili Sette Malvagi Ex di Ramona. Da questo momento il film si trasforma in un'accozzaglia di sequenze dove Scott affronterà, proprio come se fosse in un videogame, gli ex di Flowers tramite scontri folli e totalmente fuori di testa: battaglie fra band musicali che citano a piene mani Guitar Hero e Rock Band, scontri di arti marziali degni dei migliori picchiaduro e prove di abilità da far impallidire Shaun White e Tony Hawk. Riuscirà Scott Pilgrim nell'impresa titanica di conquistare Ramona? Boh, guardatevelo, non sarò certo io a rovinarvi la non-storia del film.

Sarà colpa mia, sappiatelo, ma perfino nel raccontarvi la sinossi vi sarò sembrato scazzato all'inverosimile, e di questo me ne rendo perfettamente conto. Farò uno sforzo sovrumano e cercherò di essere il più oggettivo possibile nell'elencare quelli che sono i punti di forza del film.

1) Innanzitutto il regista. Dobbiamo all'inglese Edgar Wright quella che si potrebbe definire la Trilogia del Cornetto (Three flavours Cornetto Trilogy) che, detta così, non vi dirà un cazzo, ma basta citare i titoli dei film di cui è composta per farvi accendere la lampadina nel cervelletto: Shaun of the Dead (2004), da noi conosciuto con il raccapricciante titolo L'Alba dei morti dementi, una geniale commedia horror sul tema degli zombie; Hot Fuzz (2007) che la pagina italiana su Wikipedia riporta come film di genere: poliziesco, giallo, azione, thriller, commedia, horror, splatter (e basta questo per farvi capire la follia intrinseca della pellicola) e La fine del Mondo (2013), una commedia fantascientifica di cui ancora non so nulla (rimedierò quanto prima). Se vi chiedete: "Perché il Cornetto?", vi rispondo: fate prima a leggere la pagina di Wikipedia e bon, finita lì. Insomma, avrete capito che questa era un'ottima premessa per sperare in un bel film. Wright, qui all'esordio a Hollywood, con la cinepresa è bravo. Si vede che ha mangiato pane e cinema fin da quando era in fasce e, dal punto di vista tecnico e visivo non gli si può proprio dire nulla.

2) L'aspetto visivo. Per questo aspetto, il film merita un dieci e lode. Si vede che dietro c'è un lavoro immane, necessario per ottenere una resa visiva come quella del mondo di Scott Pilgrim. Partiamo da un antefatto: il film è tratto dall'omonimo fumetto di Brian Lee O'Malley diventato cult prima ancora della release cinematografica (non farò il saputello: ne ignoravo l'esistenza fino a poco tempo fa), già il materiale di partenza garantiva una follia ed esuberanza non comune. Non lo definirei graficamente fantastico (secondo il mio canone estetico) a causa del tratto quasi grezzo e semplice, ma si notano chiaramente elementi di rottura rispetto sia ai classici comics americani che ai manga giapponesi. Trasformare in film un'opera del genere non è mai facile, ma qui regista e team di effetti speciali hanno davvero superato se stessi. In Scott Pilgrim c'è abbondanza di effetti speciali volti a enfatizzare l'aspetto cartoonesco dei protagonisti. Non parlo solo degli scontri (copiosi), ma anche di sequenze apparentemente innocue infarcite di elementi grafici su schermo che ottengono un duplice scopo: ricordarci la matrice di partenza e rimarcare quanto sia folle, colorato ed irrealistico l'universo di Scott. Non faccio fatica ad ammettere che il film è a tutti gli effetti una gioia pop per gli occhi!

3) Il gioco delle citazioni nerd. Scott Pilgrim vive di questa fondamentale equazione:

Anni '80 + Nerd = 8 Bit.

Ve la spiego in due righe. La somma iniziale indica innanzitutto il target a cui ci si rivolge: i nostalgici degli anni '80 come possono essere quelli della mia generazione nati a cavallo fra le decadi '70/'80; se poi negli anni '80 eri nerd o geek [1], dovevi per forza di cose essere appassionato dei primi videogame. La rivoluzione degli 8-bit (il risultato di questa equazione) esplose con il Commodore 64 e poco dopo con il NES (Nintendo Entertainment System), la console che portò Super Mario nelle case di milioni di giocatori. Tutta la vita dei protagonisti di Scott Pilgrim è vista come se ci trovassimo, noi e loro, in un videogame. Gli eventi sono accompagnati dai suoni tipici di un sistema 8-bit (basti pensare al fantastico cartello di apertura della Universal la cui animazione è stata resa come se la vedessimo con il Nintendo), il protagonista affronta le varie avventure con obiettivi e scontri proprio come in un picchiaduro, con le prove finali più difficili perché è quello che richiede un boss di fine livello che si rispetti. Gli scontri stessi, pacchiani e assurdi, alla fine non lasciano strascichi: non muore veramente nessuno, nonostante la violenza suggerita dagli effetti speciali. In fondo la commedia slapstick parte da molto lontano, almeno dagli anni '20 di Buster Keaton. E come in un gioco di ruolo, anche il protagonista cambierà le proprie caratteristiche e, sì, diventerà anche una persona migliore. Ecco quindi una sarabanda di citazioni che manderanno in estasi gli appassionati: maglietta di Astroboy orgogliosamente esibita, omaggi a profusione su Zelda, Ms. Pac-Man, Super Mario Bros, Tetris, Sonic, X-Men, Street Fighter II, Tekken, Rock Band e tanti altri titoli che non ricordo, per non parlare di quelli - tantissimi - che nemmeno ho lontanamente colto. Potrei azzardare una frase roboante del tipo: "Quasi ogni inquadratura o dialogo contiene un riferimento o un omaggio a quella cultura pop di cui noi siamo i principali destinatari" senza paura di essere veramente smentito.

Ok, veniamo al dunque. Parafrasando un qualunque Final Fantasy, potreste dirmi: "Ma che Peana Trionfale! Dimmi, Giampy, dimmi perché non ti è piaciuto codesto tripudio di elementi a te tanto cari!"

La risposta non è facile, lo ammetto. Ancora adesso, ad esempio, ho davanti agli occhi alcune scene davvero assurde ma allo stesso tempo ben riuscite; eppure non riesco a togliermi di dosso quella strisciante sensazione di aver buttato nel cesso un'ora e mezza della mia vita. Sì, perché in definitiva quello che con me non ha funzionato, è il risultato finale. Non sempre mescolare nello stesso calderone un'infinità di elementi positivi garantisce un'amalgama accettabile. A causa di questa sensazione, Scott Pilgrim non mi è nemmeno sembrato un film. Mi è sembrato più un coacervo di sequenze splendide legate dal sottile filo della follia ma che, in definitiva, sono senza capo né coda. Più volte, incredulo di fronte alle assurdità che il video mi propinava, mi domandavo: "Ma che senso ha? Dove vuole andare a parare il film?". Non dico di non aver capito il film, piuttosto è vero il fatto che io non l'abbia compreso appieno e questa cosa, lo ammetto, mi ha lasciato esterrefatto. Ecco cos'è per me Scott Pilgrim: un'opera fine a se stessa senza un grosso perché, con l'aggravante che i due protagonisti mi sono risultati fin da subito detestabili. Eh, sì: non ho minimamente compartecipato emotivamente né con Scott, decisamente odioso e tanto antieroe da non aver tifato per lui neanche mezzo secondo, né con Ramona, che non mi ha detto proprio nulla: amorfa, senza personalità, piatta e scialba. Una emo sgargiante, se mi passate questo ossimoro. Decisamente meglio la povera asiatica Knives Chao, lei sì che rulla e spacca!

Mi rendo conto di essere in minoranza in senso assoluto e addirittura una mosca bianca fra i miei amici appassionati che invece hanno adorato questo film. Potrei al limite dargli un'altra chance sperando che una seconda visione me lo facciano rivalutare sapendo già a cosa andrò incontro. Purtroppo il tempo e soprattutto la voglia di farlo non li ho. Bocciato, nonostante la resa tecnica strepitosa e nonostante le premesse facessero sperare in ben altro risultato. Ora picchiatemi pure...

[1] C'è differenza fra nerd e geek, io non li considero sinonimi. Basta farvi un esempio per spiegare la differenza: il fan di Star Trek è nerd e quello di Star Wars è geek. Ergo, io mi considero un geek... facile liquidare questa spinosa differenza con una battuta, vero? Esatto, io svicolo e scompaio nella penombra...

Il Pagellone!
Così è deciso!
Trama: 5
Senza capo né coda. Un po' come le non-trame dei picchiaduri tanto omaggiati in questa sede.
Musiche:
8
La colonna sonora è semplicemente strepitosa: si tratta di una perfettamente riuscita commistione di rock e elettronica simil-8-bit.
Regia: 8
Dal punto di vista tecnico, il film è ineccepibile. Si può discutere sul risultato finale del film in quanto tale, ma per questo giudizio c'è il Voto Globale. Qui non posso fare a meno di sottolineare quanto il film sia una gioia per gli occhi.
Ritmo: 8
Sicuramente indiavolato, brioso, allegro senza grossi momenti di stanca. A lungo andare mi è sembrato ripetitivo, ma l'abbondanza di situazioni assurde ha ovviato al problema.
Violenza: 4
Non c'è vera violenza perché le gag sono sul tono slapstick da commedia anche nei momenti più concitati in cui si citato mostri sacri come Street Fighter e Tekken (per non parlare delle fatality di Mortal Kombat)
Humour: 6
Non mi ha strappato grasse risate, ma il tono generale è leggero, umoristico e piacevole.
XXX: 0
F-Zero. (apprezzate questa citazione)
Voto Globale: 5
Già detto tutto in sede di recensione: ogni singolo elemento del film, preso per se stesso, è fantastico; il risultato finale è stato per me però insufficiente: un pasticcio senza senso che mi ha lasciato con un inaspettato senso di delusione.

venerdì 20 settembre 2013

Pain & Gain - Muscoli e denaro (2013) | Recensione

Pain & Gain - Muscoli e denaro
Voto Imdb: 6,5
Titolo Originale:Pain & Gain
Anno:2013
Genere:Azione / Commedia / Drammatico
Nazione:Stati Uniti
Regista:Michael Bay
Cast:Mark Whalberg, Dwayne Johnson, Anthony Mackie, Ed Harris

L'essenza di Michael Bay in una sola inquadratura.

Scoprii di non essere tagliato per la palestra il giorno in cui alzai il manubrio magico al cielo e urlai: "UUSGRGRUUUUMMMPPPFFFFF!" Quando poi, stravolto e devastato da una sessione di cyclette, mi voltai e sentii un tamarro dire tutto soddisfatto: "E anche oggi ho fatto la Milano-Sanremo!" avvolto da una nube di borotalco, decisi che non ci avrei mai più messo piede. D'altronde passavo più il tempo a chiacchierare e a guardare i videoclip sugli schermi sintonizzati su MTV piuttosto che uccidermi di esercizi. Ma potevo forse farmi sfuggire Pain & Gain - Muscoli e denaro, dal momento che nella mia dichiarazione d'intenti mi sono auto-proclamato Profeta di Michael Bay? Direi proprio di no, cari miei. Pain & Gain è, innanzitutto, un film a basso budget. Prima di sgranare gli occhi, relativizzate la frase precedente. Anzi, ve la riscrivo in modo più completo: è un film a basso budget rispetto agli standard di Michael Bay. No, perché a casa mia, anzi a Hollywood, 26.000.000 $ equivalgono ad un budget medio, certamente non basso. Proviamo a metterla così: Pain & Gain è il film meno costoso del regista, perfino meno del suo film d'esordio Bad Boys (1995). Ma in fondo lo sappiamo, il nostro Michelino è anche modesto quando fa queste sparate nelle interviste. Dopo produzioni iper-milionarie come i film dei Transformers, Bay aveva bisogno di fare qualcosa di più... autoriale (passatemi il termine senza tirarmi pomodori in faccia, grazie), e da tempo aveva messo le mani sul progetto Pain & Gain. Lo spunto è arrivato da una serie di articoli di un giornalista di cronaca di Miami scritti nel 1999 sul Miami New Times (questo dice la pagina americana di Wikipedia, dato che il cartello iniziale del film riporta a lettere cubitali la semplice frase "E' TUTTO fottutamente VERO"). La storia parla di tre bodybuilder che, in nome del Sogno Americano, decidono di intraprendere la carriera di criminali. La mente è Daniel Lugo (Mark Whalberg), artefice del successo della palestra Sun Gym di Miami. Diventato responsabile nonché personal trainer di gente facoltosa, si convince che la sua vita è ad un binario morto. Per coronare il suo American Dream si rende conto che deve avere soldi. Tanti soldi. E il modo più veloce per averli è diventare un bastardo. Il suo piano è semplice:
  • Fase 1: Diventare amico di una persona ricca e conquistarne la fiducia;
  • Fase 2: Rapire il ricco e torturarlo per estorcergli tutti i suoi soldi;
  • Fase 3: Coronare il Sogno Americano diventando un vincente ("doer" in inglese, colui che fa, che agisce) e in questo modo, rendere l'America un posto migliore. In effetti, il ragionamento non fa una grinza...
Deficienza allo stato puro (1)
Lugo chiama in suo aiuto Paul Doyle (Dwayne Johnson) e Adrian Doorbal (Anthony Mackle). Doyle è un ex-bodybuilder ed ex-cocainomane uscito di recente dal carcere ed ora in piena crisi mistico-religiosa; un violento (e buffo) litigio col prete che lo ospitava lo fa uscire dalla retta via e lo spinge ad abbracciare il Sogno di Lugo. Doorbal è un altro bodybuilder che, a causa dell'eccesso di steroidi, è diventato impotente. Deve perciò pagarsi massicce spese mediche per risolvere il suo delicato problema: quale migliore soluzione del piano di Lugo? Quando la banda metterà in atto il suo piano criminale... i tre ne combineranno di tutti i colori, con disastri assortiti che accadranno uno dietro all'altro a causa di sfortuna e, soprattutto, del loro incredibile livello di coglionaggine che supera i limiti dell'umana comprensione.
Deficienza allo stato puro (2)
Pain & Gain è nonostante tutto un film di Michael Bay nel midollo. Partiamo dal primo particolare che emerge durante la visione: la fotografia e il generale livello cromatico del film più che saturo. Le immagini sono splendidamente patinate, i contrasti molto forti e il viraggio dei colori cambia man mano che la storia procede; si parte infatti con una pesante prevalenza dell'azzurro per finire con tinte più dark, segno evidente del cambio di registro che avviene durante la narrazione: commedia all'inizio, azione mista a black comedy nel mezzo, e il dramma / splatter nelle concitate fasi finali (splatter in senso relativo, non stiamo parlando di horror). A rendere leggero il tono cupo del film sono proprio i personaggi. Sono tanto stupidi e fanno cose talmente idiote e assurde che è impossibile intristirsi di fronte alle loro scelleratezze. Non a torto, questo film è stato accostato ad alcuni lavori dei Fratelli Coen proprio per via dello spirito di cui è intriso. In particolare, certi passaggi mi hanno ricordato Ladykillers (2004) con Tom Hanks. Chiaramente molti di voi urleranno alla bestemmia per il solo fatto di aver accostato Michael Bay ai Fratelli Coen, ma francamente me ne sbatto la ciolla. Il risultato, da questo punto di vista, è per me assolutissimamente pregevole. Un altro aspetto che ho apprezzato molto del film è stata la scelta del cast, per me parecchio indovinata. Primo su tutti, Dwayne "The Rock" Johnson. Il suo 2013 è stato un anno d'oro, dato che anche con Fast & Furious 6 è riuscito ad offrire un personaggio memorabile. Come prova di attore nel vero senso della parola, in Pain & Gain Johnson ci ha regalato un'interpretazione davvero convincente. Il suo Doyle è un contrasto vivente a causa del suo cervello piccolo così, incastrato in un corpo esageratamente gonfiato. Allo stesso modo, pur con il suo aspetto imponente e minaccioso, è una persona molto fragile e facilmente manipolabile che alterna momenti di vulnerabilità patetica ad altri di cattiveria incontrollabile. Meravigliosamente misurato e nella parte Ed Harris nei panni dell'investigatore privato Du Bois e memorabile Tony Shalhoub nella parte dello stronzissimo Viktor Kershaw, la vittima designata dei protagonisti. Grande rilievo ha infine Mark Whalberg, perfetto nell'offrire un ritratto spietato del suo Daniel Lugo. In particolare, molte battute messe in bocca a Lugo ci danno un'indicazione della sua personalità deviata e, incredibile, dell'aperta denuncia di Micheal Bay nei confronti del Sogno Americano. Tre suoi mini-monologhi, in particolare, mi hanno colpito (li riporto da Wikiquote, perché è per me impossibile citarli usando la mia pessima memoria):
  • Quasi tutti vorrebbero un aspetto migliore, ma non tutti sono disposti a fare il necessario per ottenerlo. I miei eroi sono gente che si è fatta da sé: Rocky, Scarface, tutti i ragazzi del Padrino sono partiti che non avevano niente e hanno raggiunto la perfezione.
  • Dimostri quanto vali se sai migliorare te stesso. Questo è il sogno americano. non ho nessuna stima per la gente che sperpera i propri doni, è disgustoso, è peggio che disgustoso, è antipatriottico.
  • Tutto quello che volevo dalla vita era quello che avevano tutti gli altri, non di più. Ma non di meno a cui ero abituato. Beh, ce l'ho messa tutta, mi spiego? E per un po' è stato come me lo ero immaginato: ero uno di voi, ed era bello. Finalmente la gente mi vedeva come mi vedevo io, e non puoi chiedere più di questo. Ma forse io l'ho fatto... Forse alla fine io non volevo più "essere uguale a...", volevo "essere meglio di...". E quella è una ricetta per il disastro. Questo però non significa che bisogna arrendersi. Ti riposi, ti riprendi, e torni sulla panca. La vita mi darà un'altra possibilità, e io spaccherò. Perché il mio nome è Daniel Lugo, e credo nel fitness.
Da queste parole è facile comprendere la lucida follia di Lugo. La chiave di lettura del semplice messaggio di Pain & Gain sta tutta nel contrasto tra il credo del pazzoide e l'inevitabile disastroso risultato finale delle sue imprese criminose. Non c'è niente di male nel credere in un posto migliore, ma c'è qualcosa di marcio nel convincersi che la sua realizzazione sia così facilmente attuabile. In modo molto didascalico, Michael Bay ci mette in guarda dagli eccessi che la società americana offre in nome del suo Sogno, che anzi in questo film viene dissacrato e sotterrato da un ammasso di steroidi e deficienza. La dissacrazione è quasi sorprendente: non posso fare a meno di ripensare ai discorsi patriottici e al Credo a Stelle e Strisce che il regista ha infilato in quasi tutti i suoi film e messo in bocca nel personaggio del Presidentissimo: The Rock, Armageddon e Pearl Harbor su tutti. La sorpresa sta proprio nel fatto che ci voleva un Pain & Gain per vedere il regista prendere in giro in modo palese le tematiche che così a lungo ha pompato nei suoi film precedenti.
Yo bro!
Detto fra noi, fottesega di questi messaggi e delle chiavi di lettura, pensiamo piuttosto a sollazzarci con la qualità della BORIA e delle esplosioni, marchio di fabbrica del regista. Della prima ce n'è a pacchi, e non potrebbe essere altrimenti. Delle seconde, purtroppo, ce n'è una sola, per quanto inserita in una delle scene madri del film nonché notevole punto di svolta della trama. Pain & Gain ha altro da offrire: parlo della deficienza dei culturisti protagonisti, delle scene al limite del comico misto a ridicolo con una forte dose di macabro e autoironia, e dei patetici tentativi di mettere una pezza al danno causandone un altro ancora più catastrofico. La farsa raggiunge punti esilaranti nella scena in cui il nerboruto trio si traveste da NINJA nel primo fallito tentativo di rapimento di Viktor. Dwayne conciato in quel modo vale da solo metà del prezzo del biglietto, garantito. Ma quando vedi lo stesso Doyle che per far sparire un cadavere cerca di grigliarlo sul barbecue e in sovrimpressione compare la scritta "E' SEMPRE TUTTO REALMENTE ACCADUTO", lì capisci veramente la strada imboccata dal film. Fra l'altro, la scena del barbecue è in realtà stata inventata di sana pianta dagli sceneggiatori; qui ci sarebbe da fare qualche considerazione su quanto il film sia realmente attinente con la realtà (poco), ma un blog di questo tipo non è la sede adatta. Vi rimando alla lettura di questo articolo: Pain & Gain: True story VS. Movie (in lingua inglese; viene svelato il finale del film, quindi occhio allo SPOILER!)
KA-BOOM! Eccola! *_*
Pain & Gain è un film molto furbo, su questo non ci piove. E' tecnicamente e formalmente fatto benissimo, strappa qualche risata cinica, ma gioca in modo molto pericoloso con "è reale / non è reale", e solo scavando a caccia di informazioni scopri come questo aspetto sia tutto un equivoco creato ad arte per far parlare di sé. C'è chi ha trovato moralmente discutibile che Hollywood abbia voluto monetizzare sulle disgrazie delle vittime della gang utilizzando un registro da black comedy. Io che sono cinico dico che il film ha funzionato anche per questo motivo. Pain & Gain è per me promosso, assolutamente. Un Michael Bay diverso dal solito, ma allo stesso tempo uguale a sé stesso nel regalare un film con la solita ineccepibile e fantastica cornice ma, per una volta, con un pizzico di contenuto in più offerto in pasto agli spettatori a discapito dell'action puro e delle tanto - da me - amate esplosioni.

Il Pagellone!
Così è deciso!
Trama: 6,5
La sceneggiatura presenta delle storture qua e là, si gioca tanto con l'attinenza (falsa) con la realtà, ma alla fine tutto funziona come dovrebbe senza grossi sussulti.
Musiche: 6,5
Le musiche affidate a Steve Jablonski (Transformers, The Island, Pearl Harbor) sono adatte allo scopo. Non una colonna sonora memorabile, ma certamente nemmeno da buttare via.
Regia: 8
Dite quello che volete. Michal Bay sa benissimo come si fa un film. E lui lo fa anche stra-bene. L'aspetto visivo è sempre magnifico grazie all'uso dei colori saturi, la qualità delle immagini è ottima e per una volta è tutto molto chiaro e limpido. Il suo stile non sempre rispetta il Manuale del Perfetto Regista, ma in fondo è il risultato quello che conta. Qui è eccellente, punto.
Ritmo: 8
Non frenetico, ma dal momento in cui la gang inizia i suoi colpi, il film non si ferma più e conclude la sua folle corsa solo ai titoli di coda.
Violenza: 7
Pain & Gain è molto più violento di quello che una black comedy lascia supporre. La qual cosa è sicuramente per me un aspetto da premiare. In ogni caso, i protagonisti si prodigano in torture volontarie e, soprattutto, involontarie: dita mozzate, laghi di sangue e cadaveri di cui sbarazzarsi: ce n'è per tutti i gusti.
Humour: 7
Intendiamoci, non è un film comico. Ma la deficienza della banda fa scattare più di una cinica risata.
XXX: 5
Se si fa un film patinato, anche l'occhio vuole la sua parte. Non c'è il vuoto assoluto, in più compare qualche scena ammiccante.
Voto Globale: 7,5
Pain & Gain è un film decisamente riuscito, ma lontano dal Credo di Michael Bay che, invece, si è divertito a sovvertire alcune delle sue regole con cui ha infarcito la stragrande maggioranza dei sui film. Atipico e allo stesso tempo promosso, assolutamente. Qualche esplosione in più e gli davo otto, sulla fiducia.

mercoledì 18 settembre 2013

Wrong Turn - Il bosco ha fame (2003) | Recensione

Wrong Turn - Il bosco ha fame
Voto Imdb: 6
Titolo Originale:Wrong Turn
Anno:2003
Genere:Horror
Nazione:Stati Uniti / Germania
Regista:Rob Schmidt
Cast:Eliza Dushku, Desmond Harrington, Emmanuelle Chriqui, Jeremy Sisto

Doverosa premessa: la frase "il bosco ha fame" è un'idea tutta italiana. Come purtroppo spesso accade, il titolo e/o il sottotitolo appiccicato dal distributore italiano è semplicemente osceno. Io questi titolisti improvvisati li picchierei a sangue con un'asse chiodata arrugginita portatrice di tetano [1]. Sarò malato io, ma l'espressione "il bosco ha fame" mi fa pensare ad una maledizione boschiva dove rami protervi si allungano minacciosamente come artigli, afferrando e prendendo a scudisciate gli sventurati che capitano nel bosco prima di mangiarseli con grande sollazzo per poi concludere il lauto pasto con gli omeri usati come stuzzicadenti da qualche Barbalbero ruttante e soddisfatto. Né più, né meno. Dato che gli autori del film sono più semplici e lineari, hanno solamente immaginato che una famiglia di cannibali mutanti si aggiri in suddetto bosco a caccia di vittime sacrificali. Scegliete voi qual è l'immagine migliore e passiamo a bomba a parlare di Wrong Turn, che in questo contesto potremmo tradurre come "Svolta sbagliata". La storia inizia con un ragazzotto che viaggia sparato su una Ford Mustang blu fiammante. Flynn studia medicina e, causa colloquio di lavoro fondamentale da sostenere, ha una fretta del diavolo e deve raggiungere un posto distante tipo tre o quattro fusi orari. Peccato che, ad un certo punto, un tir ribaltato blocchi la strada e il ragazzotto si veda costretto a prendere una deviazione in mezzo ad un bosco fitto e tenebroso della West Virginia. E ovviamente, prima di avventurarsi nella variante (i più svegli di voi avranno intuito a quale svolta alluda il titolo del film), Flynn incontra il classico benzinaio scalcinato da film horror dalla faccia orripilante e farfugliante le solite parole profetiche sul destino infausto che attende chi s'avventura in quella selva dimenticata da Dio. Da queste righe avrete già compreso l'accozzaglia di luoghi comuni di cui il film è infarcito. Attenzione, proseguite con la storia: per evitare di perdere ulteriore tempo, Flynn viaggia a velocità iper-super-sonica in mezzo a questa strada quasi sterrata. Poi gli viene in mente di cercare qualcosa in mezzo ai pedali o forse gli cade qualcosa di fondamentale tipo un CD, si distrae un attimo e... PATAPAMMMMMMM!!! Si schianta contro una Land Rover ferma in mezzo alla strada. Flynn scende dalla macchina (non si è fatto niente, e già questa è cosa incredibile), guarda la scena (entrambe le macchine da rottamare), vede che a bordo strada ci sono dei ragazzi con una faccia così: O_O (occhi spalancati e sguardo basito di chi non sa cosa sia piombato loro addosso) e dice loro: - Tranquilli, io al mattino cago soldi profumati, non preoccupatevi, pago tutto io! - E loro archiviano la Land Rover distrutta facendo spallucce e prendendo per buone le sue scuse. Tanto lui è ricco e paga tutto. Il che ci fa domandare perché cazzo avesse così fretta di andare ad un colloquio di lavoro in Culonia.
Ora. Non so voi. Sarà che sono italiano e quindi diffidente per natura se qualcuno mi sfonda un'auto. Ma se mai mi succedesse una cosa del genere, invece di accettare tale proposta, avrei massacrato di botte il tizio (tanto siamo in un mezzo ad un bosco sperduto, giusto?), poi FORSE gli avrei estorto qualche rassicurazione in più sul risarcimento dei danni. [2]
Indovinello: chi è la proprietaria dell'auto sfasciata?
Suggerimento: non è la tizia che si sta disperando.
Passiamo oltre, scusate la digressione. La scena è questa: due auto di valore distrutte, un fighetto sconvolto, una doppia coppia di ragazzi che potevano essere sull'incazzato andante ma che se ne stanno lì inebetiti e... da dietro la Land Rover una gnocca niente male che sbuca e si atteggia a capetta mentre declama: - Non è una foratura normale. Qui qualcuno ha intenzionalmente posizionato questa roba per bucarci le gomme" e getta per terra del filo-spinato-buca-gomme. Ora leggete bene cosa succede: convenevoli di un picosecondo e la gnocca (Jessie), Flynn e una delle due coppiette si staccano dal gruppo per tornare dal benzinaio scalcinato a cercare un telefono. Senza più pensare al pazzo squilibrato che ha gettato il filo spinato sulla strada. La coppietta proprietaria della macchinona invece resta a fare la guardia ai rottami. E i due cosa decidono di fare? Sì, bravi, avete indovinato. Trombano. E voi che conoscete a menadito il Manuale del Perfetto Film Horror, sapete cosa succederà nella scena successiva. Bravi: la coppietta mUore.
Pazzo squilibrato mutante cannibale scattante.
Evito di continuare il racconto del film: è evidente che nel bosco c'è qualche assassino efferato che in qualche modo attira la gente e la uccide per sfamarsi. Sì, si tratta dei cannibali citati nel paragrafo di apertura; per giunta costoro sono una allegra famigliola tipo quella del Mulino Bianco perché fra di loro si vogliono bene e mangiano una colazione sana e nutriente. I titoli di testa (e questa cosa mi sa che è sfuggita a molti) danno già un po' di indizi sul perché questo trio all'erta e pieno di brio è ridotto così male: vengono mostrati pezzi di filmati vintage e finti ritagli di giornale con cronaca locale che parlano di azzardati esperimenti genetici andati male. La storia quindi procederà su binari ben incanalati: una disperata lotta per la sopravvivenza da parte dei ragazzi contro questi umanoidi ributtanti ma agili al punto da usare arco e frecce, fucili e addirittura un carro attrezzi col quale trainare i rottami delle auto delle vittime.
Eliza Dushku. Non aggiungo altro.
Sempre parlando dei titoli di testa, tre nomi spiccano su tutti gli altri: il primo è quello del produttore, Stan Winston. Stiamo parlando di una delle più grandi personalità legate al mondo degli effetti speciali. Prima truccatore, poi artigiano ideatore di fantastici pupazzi animatronic, infine artefice degli effetti di filmoni come Aliens - Scontro finale, Terminator 1 e 2, Predator, Batman il ritorno, Jurassic Park, Titanic e molti altri. Insomma: un vero guru del settore, pace all'anima sua. La comparsa del suo nome nei titoli di testa di Wrong Turn mi aveva davvero fatto ben sperare. Il secondo nome è Eliza Dushku. Chi non segue Joss Whedon e i suoi telefilm probabilmente non l'avrà mai sentita nominare. A me il suo volto era familiare perché l'avevo seguita nell'interessante telefilm Dollhouse, chiuso prematuramente alla fine della seconda stagione per scarsi ascolti. Dollhouse ha in effetti fatto schifo a molti, mentre io l'avevo apprezzato per la sua originalità di fondo nonostante i suoi evidenti difetti di narrazione e di recitazione. Di Eliza ricordiamo anche la sua partecipazione a Buffy l'ammazzavampiri e Angel. Oh. Eppoi Eliza è gnocca. Peccato che la sua carriera non sia mai decollata veramente: altre piccole partecipazioni qua e là, un po' di filmacci horror recenti e poco altro, a parte qualche attestato nazionale in quanto rappresentante onoraria dell'Albania (terra d'origine della sua famiglia) nel mondo. Il terzo nome è quello di Desmond Harrington: non una stella di prima grandezza nel cinema, ma si è ritagliato nel tempo qualche ruolo di rilievo come quello del Sergente Quinn in Dexter e Jack Bass in Gossip Girl. Infine una nota a margine sul regista Rob Schmidt: costui aveva fatto vedere qualcosa di buono con il film Delitto + castigo a Suburbia, poi il nulla cosmico prima e dopo.
E' sicuramente successo qualcosa di aberrante. Ma i protagonisti sembrano
ben più interessati alle tette di Emmanuelle Chriqui. (click per ingrandire)
Tirando le somme: la storia è un frullato poco saporito di cliché triti e ritriti e presenta per di più delle scene un po' del cazzo; il cast, Eliza a parte, è infarcito di seconde linee prestate dai telefilm. Quali sono i suoi punti di forza, alla fine? Io ne ho visto uno solo: il make up dell'allegra famigliola e più in generale qualche effettaccio sparso qua e là. La mano di Stan Winston e della sua casa di produzione c'è e si vede. Alcune sequenze sono davvero ben costruite (per esempio, la scena in cui i ragazzi sono nascosti nel Mulino Bianco nella baracca dei pezzenti). La tensione funziona a sprazzi, ma non ho mai provato quella sensazione strisciante di terrore & raccapriccio che mi fa aggrappare ai braccioli del divano. Probabilmente la prova degli attori non ha aiutato, dato che il registro delle loro espressioni è più dalla parte del "Esticazzi?" che da quella della Convinzione Assoluta di quello che vedi. Al di là della storia banale, piatta e prevedibile (finale incluso), ci sono pure dei grossolani errori di sceneggiatura: primo su tutti, il carro attrezzi giallo, lasciato in un punto ben preciso del bosco, e magicamente ricomparso in un altro punto giusto perché lì serviva ai protagonisti e la sceneggiatura non prevedeva un piano B per cavarsi d'impiccio. Per non parlare di alcune scene concepite veramente male, tipo il salto che fanno da una capanna a millemila metri d'altezza per raggiungere un albero. Una roba che se l'avessi vista nel telefilm di Batman anni '60 avrei applaudito ben più convinto.
Wrong Turn ha però nel tempo conquistato una sua piccola nicchia tra i franchise horror: ne sono stati fatti ben quattro (4!) seguiti tutti usciti direttamente in home video senza passare dal cinema. L'allegra famigliola resta il tema centrale della serie, mentre l'elemento splatter / gore è stato progressivamente aumentato perché in fondo era l'unico vero aspetto positivo del capostipite; nel tentativo di cavare sangue dalle rape, i produttori hanno violentemente pigiato a tavoletta il pedale della truculenza macellaia a tutti i costi.
In definitiva: un film non eccezionale, canonico, senza guizzi ma neanche eccessivamente brutto: appena sufficiente. Non sempre seguire pedissequamente il Manuale del Perfetto Film Horror si rivela una scelta indovinata, soprattutto se nemmeno ti presti al gioco di sovvertire qualche regola data per assodata, in modo da sorprendere lo spettatore. Purtroppo in questo caso il regista ha scelto la strada più facile e sicura, che però ha indirizzato il film verso il viale del dimenticatoio: una vera e propria svolta sbagliata, se mi permettete l'ardito paragone col titolo.

[1] Per quest'affermazione, il rating della presente recensione è stato alzato a V.M. 14 (o R - Restricted se volete fare i fighi anglofoni).
[2] L'autore è in realtà un pavido pantofolaio e l'iperbole è una delle sue armi principali. Si è solo calato nell'atmosfera del film. Yo!

Il Pagellone!
Così è deciso!
Trama: 4
Banale, prevedibile, con grossolani errori di sceneggiatura. Il vero punto debole dell'intera produzione.
Musiche: 5
Quando non mi ricordo nulla delle musiche e non ho alcun commento in merito, significa che erano proprio anonime.
Regia: 6
Sufficiente. Riprese e qualità del montaggio sono giusti quanto basta. Ottimi gli effetti speciali, su questo non si discute.
Ritmo: 7
In effetti il film non ha punti morti. Ritmo sostenuto dall'inizio alla fine e momenti di tensione messi nei punti giusti: non male.
Violenza: 6,5
Devo dire che mi aspettavo qualcosa di più, ma le poche scene splatter non sono malaccio. Tranquilli, saranno dimenticate in fretta.
Humour: 3
Di umorismo c'è solo quello involontario.
XXX: 0
Niente da segnalare.
Voto Globale: 5,5
La buona qualità degli effetti speciali non basta a Wrong Turn per emergere dalla mediocrità generale in cui naviga. Peccato, per me doveva osare di più e cercare soluzioni meno banali per poter dire la sua.
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