mercoledì 29 luglio 2015

The Tournament (2009) | Recensione

The Tournament
Voto Imdb: 6,1
Titolo Originale:The Tournament
Anno:2009
Genere:Azione
Nazione:Gran Bretagna
Regista:Scott Mann
Cast:Ving Rhames, Kelly Hu, Robert Carlyle, Ian Somerhalder, Liam Cunningham

Questo. Dall'inizio alla fine.
I casi curiosi della vita. Quella sera avevo proprio voglia di una commedia italiana. Ho iniziato con La mossa del pinguino perché mi ispirava parecchio il fatto che parlasse del curling (!) e l'ho stoppato dopo cinque minuti cinque perché non capivo mezza parola di dialogo. Mi sono incazzato come l'Automobilista Incazzato di Gioele Dix e ho deciso di spararmi il primo film action che mi capitasse a tiro dallo Sky On Demand, la mia vera croce e delizia. Ecco quindi che dal nulla spunta fuori The Tournament, film di cui non sapevo una beneamata cippa ma che ho scoperto essere una piccola gemma del cinema inglese indipendente: girato nel 2007, uscito nel 2009, 8 milioni di dollari di budget (due volte e mezzo lo stanziamento iniziale), incassi miserrimi (450.000 dollari scarsi), distribuzione italiana inesistente al cinema e solo in home video nel 2015. Le premesse per trovarsi di fronte ad una cacatona micidiale c'erano tutte, ma... attenzione! Così non è stato! Questo è un film che i fan dell'action dovrebbero provare a guardare almeno una volta. A La Moglie, che l'ha guardato con un occhio sì ed un occhio no mentre sonnecchiava, il film non è minimamente piaciuto, e questo è ovviamente un indizio estremamente positivo.

Lai Lai Zhen (Kelly Hu), la vera protagonista del film.
Di cosa parla The Tournament? Semplice. Ogni sette anni viene selezionata una città a caso che, suo malgrado, diventerà la sede del Torneo. 30 partecipanti scelti fra i più efferati assassini, mercenari, membri delle forze speciali caduti in disgrazia e altra feccia umana si scontreranno all'interno della città con sole poche regole:
  • Ne deve sopravvivere solo uno;
  • Il tempo limite è di 24 ore, scadute le quali se ci sarà più di un sopravvissuto, questi moriranno tutti e verrà nominato vincitore quello che in quel momento è in testa;
  • Non devono essere coinvolti i civili... ma se ci sono danni collaterali, pazienza;
  • Per il resto, libertà assoluta: ciascuno userà armi e abilità speciali come meglio crede.
Il nababbo texano non manca mai in questi film...
Il vincitore si aggiudicherà il premio di 10.000.000 di dollari, il titolo di Miglior Assassino del mondo e la possibilità di strappare contratti di assassinio da 1.000.000 di dollari a botta. Una vita da nababbi (o da babbidiminchia a seconda delle circostanze). A che pro organizzare questo torneo? Soldi, ovviamente! Gli organizzatori impiantano delle microspie (e al contempo microbombe letali) nei corpi dei partecipanti. Le spie si interfacciano con il server centrale che, a sua volta, sfrutta biecamente i sistemi di sorveglianza della città, le sue telecamere, i satelliti e così via. Un Grande Fratello potentissimo e circoscritto in una sola città, insomma. Ciascun partecipante ha un mini-rilevatore palmare che capta i segnali delle microspie degli avversari in un raggio di qualche metro. Grazie a questo sistema, nella stanza centrale vengono invitati i più ricchi del mondo che effettueranno le scommesse sul vincitore... con puntata minima di 100.000 dollari. Spiegato il gioco, il film ci presenta subito la città prescelta (Middlesbrough, Inghilterra) e i protagonisti:
  • Joshua Harlow (Ving Rhames): vincitore della precedente edizione di sette anni prima, dato per favorito assoluto (2:1) e ritornato in pista per vendetta; sua moglie è stata uccisa e l'assassino è fra i 30 partecipanti.
  • Lai Lai Zhen (Kelly Hu): assassina cinese creduta morta dai genitori; abilissima nelle arti marziali (come tutti i cinesi, lo sanno anche i sassi) e letale come pochi. Viene data a 10:1. Ed è la vera protagonista del film.
  • Miles Slade (Ian Somerhalder): Texano orribilmente sadico che indossa sempre un lungo soprabito bianco e usa il taglia sigari per mozzare le dita delle sue vittime. Una scheggia impazzita che non si fa problemi ad uccidere civili e partecipanti, perché per lui quello che conta è uccidere. Parte con una quotazione 25:1 perché mentalmente instabile, ma le sue quotazioni schizzano in alto quasi subito.
  • Anton Bogart (Sebastien Foucan): francese asso del parkour (se sei francese e di colore, la tua strada e il tuo destino è il parkour, sappiatelo), mente geniale e bastardissimo nel trarre vantaggio dalle situazioni ambientali. Un super-favorito: 9:1. Quasi senza volerlo, è l'ago della bilancia della competizione (qualche riga più avanti capirete il perché).
  • Yuri Petrov (Scott Adkins): montagna russa esperto di arti marziali e artiglieria pesante. Uno dei favoriti (parte con un 12:1) perché è una vera e propria macchina da guerra.
  • Padre Joseph MacAvoy (Robert Carlyle): un prete inglese. Sì, avete letto bene. Ubriacone marcissimo. Outsider del Torneo, dato 500:1.

Il prete (Robert Carlyle nella sua solita espressione)
Ma... ma... come ci è finito un prete nella competizione? Purtroppo per lui, la sua partecipazione è dovuta al destino beffardo e alla mente geniale dell'assassino francese. Costui è l'unico, fra tutti i partecipanti, a fare la cosa giusta che ogni assassino sano di mente avrebbe dovuto fare fin dall'inizio: prendere un coltellaccio, aprirsi la pancia, estrarre la microspia, andare in un bar e metterla nella caraffa del caffè che l'ignaro prete ancora sbronzo ingurgita senza rendersi conto di nulla. Il francese sparisce dai radar del Torneo (diventando più letale di un ninja invisibile) e il prete diventa un partecipante come tutti gli altri... colpi di qua, colpi di là, cosa accadrà... cosa accadrà? Non racconto oltre, ma è facile intuire come prosegue la narrazione: scontri assurdi, sangue che zampilla ovunque, esplosioni, smembramenti, uccisioni efferate, storie di amicizia e di onore e di redenzione e chissà che altro ancora.
Il Texano pazzo
Queste premesse mi hanno esaltato come un caimano - sono una persona molto semplice - anche se poi, riflettendoci più attentamente, mi sono reso conto del fatto che l'originalità è pressoché nulla. Lo spunto iniziale e il tema di fondo della sopravvivenza a scontri armati codificati in una serie di regole sono stati usati mille altre volte, cito per comodità i film più famosi o quelli che mi sono piaciuti nel tempo: L'implacabile / The Running man (1987), Giochi di morte (1989), Pronti a morire (1995), Battle Royale (2000), The Condemned - L'isola di morte (2007), The Hunger Games (2012). Interessante notare come di fatto nessuno di questi titoli sia originale: il vero capostipite del genere può essere considerato La Pericolosa partita, film del 1932 (!) tratto da un racconto del 1924 di Richard Connell. È la storia di un'isola teatro di molti naufragi il cui proprietario, un conte sadico, prima salva i poveri malcapitati nel suo maniero, poi dà loro caccia in un gioco dove la posta in palio è la propria vita. Questo film ha avuto nel tempo diversi remake o libere re-interpretazioni, delle quali mi limito a citare Senza Tregua (1993), il primo film hollywoodiano del grande John Woo. Appurato che in The Tournament l'originalità non è di casa, cosa diamine potrà spingere qualcuno a guardarlo? Provo a rispondere per punti:
  • ViUlenza
  • Ritmo
  • Curiosità
  • Il cast
Il malvagio organizzatore (Liam Cunningham)
Partiamo dal fatto che questo è un film indipendente e per giunta inglese: per questo motivo non è sorta la necessità di sottostare alle rigide regole moralistiche hollywodiane né la produzione si è dovuta scervellare per ottenere un rating / visto censura per accalappiare le famiglie. Il regista Scott Mann (qui al suo esordio in un lungometraggio) ha fatto quello che voleva, compatibilmente con il poco budget a sua disposizione. Il risultato è, a mio avviso, ben superiore alle aspettative. La viUlenza è ben presente e gli scontri sono stati resi molto bene sia come qualità degli stunt che come qualità registica. L'immagine è sempre chiara e lo spettatore non ha problemi a capire cosa sta vedendo. Si assiste a tante sparatorie (pistole, mitra, fucili da precisione e a pompa, bazooka, bombe a mano), scontri all'arma bianca (niente katane, purtroppo) e arti marziali con diversi stili (non conoscendone uno, evito di elencare nomi a casaccio). Si vede che come coreografie ed effetti speciali per il sangue a spruzzi c'è stato molto lavoro dietro. Risultato encomiabile. Così come il ritmo: l'ignoranza è tanta, i dialoghi pochi (e imbarazzanti), il ritmo quindi ne ha giovato molto. C'è giusto quel minimo di mistero per scoprire chi ha ucciso la moglie di Joshua e chi alla fine si aggiudicherà il premio finale. La curiosità mantiene viva l'attenzione fino alla scena finale.
L'asso del parkour
Infine, per avere una produzione col budget così ridotto, il cast non è male affatto! Ving Rhames è una garanzia per questo tipo di B-Movies; certo, i fasti di Pulp fiction e Mission Impossible sono lontani ma personalmente lo preferisco nelle parti di film "minori" ma non per questo meno meritevoli, primo su tutti il capolavoro indiscusso Death Race. Anche se nei crediti di The Tournament Ving compare per primo, non è lui il personaggio principale. La mattatrice è sicuramente Kelly Hu nella parte di Lai Lai Zhen. Ora. Parliamo di Kelly Hu. L'ho detto in altre recensioni, e lo ribadisco anche in questa: talvolta ci sono cose che un recensore deve sempre scrivere per contratto. Non è possibile evitarle, non si sfugge. Per Kelly Hu vale in pieno questo discorso... ve la ricordate la Kaori della pubblicità del Philadelphia? (hint: link al video su YouTube) Kelly Hu è lei. L'irritante giapponesina che storpiava il nome del formaggio è in realtà un'attrice hawaiana (di discendenza cinese e inglese) che ha fatto molta strada da quegli spot anni '80. Ha partecipato a X-Men 2 (2003), Il Re Scorpione (2002) e Strange Days (1995) ed è comparsa in molti telefilm tra cui The Vampire Diaries, Hawaii Five-O e Arrow. Mica male, nevvero? In The Tournament è anche credibilissima come spietata assassina. Lo ammetto, mi è piaciuta assai. Altri appunti li dirà poi il Neurone Numero 4 in fondo alla recensione. Poi abbiamo Liam Cunningham nella parte dell'organizzatore malvagio: oggi il suo nome è legato a Ser Davos il Cavaliere delle Cipolle ne Il Trono di Spade. Non aggiungo altro. Il prete è Robert Carlyle: il Tremotino del telefilm C'era una volta. Qui con la stessa faccia con barba incolta e la stessa espressione ebete da alcolizzato, quella che gli ha dato notorietà con Trainspotting. Interessanti infine due ruoli minori: l'appassionato di arti marziali e film di menare riconoscerà all'istante Scott Adkins nella parte del russo; l'appassionato dei telefilm da teenager invece quasi farà fatica a riconoscere nel texano pazzo Ian Somerhalder, il co-protagonista di Vampire Diaries. Va detto però che il film fu girato nel 2007, quindi prima del telefilm, e l'attore non era ancora famoso. Il regista? Scott Mann è esordiente assoluto in un lungometraggio, eppure la sua regia è pari a quella di un veterano. Purtroppo il flop al botteghino di The Tournament gli ha impedito di trovare altri progetti nell'immediato, tanto che bisognerà aspettare la fine del 2015 per vedere un suo nuovo film: Bus 657, action-thriller su un padre che per pagare le spese mediche della figlia farà una rapina ad un casinò e successivamente si impossesserà di un autobus di linea per la fuga. La lista degli attori sembra interessante: Robert De Niro, Gina Carano (occhi a forma di cuoricini), il Dave Bautista di Guardiani della Galassia (yeah!), Kate Bosworth e Mark-Paul Gosselaar, che noi tutti ricordiamo con affetto nella parte di Zach nel telefilm Bayside School. Su questo film ci punto! Occhio!
In conclusione, The Tournament mi è piaciuto. Film solido, certamente non perfetto a causa di trama e scarsa originalità, ma godibile durante la visione... ovviamente, sempre a patto che vi piacciano film dove si sparacchia senza un perché ma solo per il gusto di farlo. Il resto delle considerazioni sono nel pagellone finale, ma il responso finale è senza dubbio positivo.

Scott Adkins



Il Pagellone!
Così è deciso!
Trama: 5
Lo spunto iniziale è davvero fichissimo, ma poi ti rendi conto che è tutto tranne che originale. La trama funziona, le parti parlate un po' meno, ma va bene lo stesso.
Musiche: 6
Non mi sono accorto delle musiche, può essere una cosa sia positiva che negativa. Nel dubbio, do un sei politico e bon. Gli effetti sonori degli spari mi sembrano ben fatti, ma non saprei dire quanto fossero realistici o se fossero correttamente abbinati alle armi usate...
Regia: 7,5
Per essere il film di un esordiente, direi che ci siamo! Ottima la regia, ben concepite le inquadrature, buona la fotografia. Bene così.
Ritmo: 8
Impensabile un film di spara-spara che non abbia ritmo. Per fortuna, non è questo il caso. Il film è bello teso, le scene dei combattimenti per quanto scollegate l'una dall'altra hanno un loro senso e un giusto bilanciamento fra action e pausa di respiro.
Violenza: 8
Più violento di quello che si potrebbe immaginare leggendo la trama "istituzionale" e guardando la produzione. Niente splatter, ma esplosioni, decapitazioni, smembramenti e fontane di sangue abbondano. Quello che volevamo!
Humour: 5,5
Il film è serio, pure troppo. Certo, la scena del prete che confessa Kelly Hu stando seduto sul cesso in preda al lassativo è da applausi nel suo assoluto non sense (a patto che non disturbi la vostra sensibilità religiosa...), purtroppo non basta. Ci fosse stata qualche cazzatona in più, il film sarebbe pure stato (quasi) promosso da La Moglie... OK, ho detto una bestialità.
XXX: 6
Scena in uno strip-club. Yeah! Con 9 concorrenti che si sparacchiano mentre le ballerine si dimenano. Yeah! Molto pacchiano e trash, un tocco british oserei dire.
Voto Globale: 7
Il film mi è piaciuto e anche parecchio; i colpi di scena sono abbastanza prevedibili e la trama sa troppo di già visto; ma quello che si vede sullo schermo è più che sufficiente per una serata estiva a base di birra e pop-corn. Promosso: con più trama e più cazzatone, sarebbe diventato un instant-cult.

Ed ecco gli appunti del Neurone Numero 4: Kelly Hu!











venerdì 17 luglio 2015

Dead Snow 2: Red vs Dead (2014) | Recensione

Dead Snow 2: Red vs Dead
Voto Imdb: 7,0
Titolo Originale:Død snø 2
Anno:2014
Genere:Horror, Commedia, Splatter, Zombie
Nazione:Norvegia
Regista:Tommy Wirkola
Cast:Vegar Hoel, Ørjan Gamst, Martin Starr

Quelli che potreste incontrare nelle lande norvegesi...
L'estate con gli Zombie nazisti continua! Woah!
Questa volta è il turno di Dead Snow 2: Red vs Dead, diretto seguito di Dead Snow, recensito anche in queste pagine. Mentre stavo riordinando il comodino di fianco al letto, ho trovato gli scarabocchi che il regista Tommy Wirkola ha vergato di sua mano nel progettare il film in questione, e per dovere di cronaca ve li riporto:
  • Squadra che vince non si tocca;
  • Nazi-Zombie spaccano tutto!
  • More of the same;
  • Facciamo contenti i nerd!
  • Con qualche risata.
"Questa mano po' esse de piuma o de fero... o de sangue."
Sviluppiamo il pensiero di Tommy per dargli una forma concreta. Partiamo dal primo punto: "Squadra che vince non si tocca". Tommy è reduce dal primo Dead Snow (2009), che ha stupito gli appassionati per il suo stile goliardico, per il suo prendere in giro alcuni stilemi del genere horror, e per alcuni sprazzi di genialità inseriti qua e là, il tutto condito da un dissacrante humour nero. Il (relativo) successo degli zombie nazisti gli spalanca le porte di Hollywood: Paramount Pictures e Metro-Goldwyn-Meyer, in co-produzione, gli assegnano la regia di Hansel & Gretel - Cacciatori di streghe (2013), una parodia fanta-horror della celebre fiaba dei Fratelli Grimm. Nonostante la critica l'abbia stroncato, il film fa il botto e incassa 226 milioni di dollari in tutto il mondo. Wirkola, esaltato come un caimano, si sente pronto per dirigere a casa sua il seguito di Dead Snow, proprio quando gli studios americani annunciano il seguito di Hansel & Gretel per il 2016.
Isteria? O incapacità recitativa?
Dead Snow 2 parte esattamente dal punto in cui il predecessore termina. Piccolo riassunto: Martin e i suoi amici avevano inavvertitamente risvegliato dei soldati nazisti capitanati da Herzog, morti durante la Seconda Guerra Mondiale. I Nazi-Zombie fanno un gran macello, sterminando tutti gli amici inclusa la fidanzata di Martin, l'unico sopravvissuto. Fine riassunto. Martin, all'inizio di Dead Snow 2, scappa dal luogo del massacro senza accorgersi che il braccio decapitato di Herzog è finito dritto nella sua auto. Durante la fuga l'uomo si addormenta al volante ed esce fuori strada. Si risveglia in ospedale, dove apprende con inusitato ORRORE che nell'incidente ha perso il braccio e che i medici gli hanno attaccato quello di Herzog, credendolo suo. Ovviamente il braccio del gerarca nazista è fonte di nuovi macelli e tanti, tanti guai per Martin. Primo, perché Herzog parte alla caccia del suo braccio e con i suoi soldati si mette in movimento per fare quanto più macello possibile nelle campagne norvegesi. Secondo, perché Martin scopre di avere favolosi poteri speciali quando alza il braccio e... no, non diventa He-Man ma resuscita i morti, trasformandoli in docili (?) soldatini pronti ad ubbidirgli. La situazione precipita: il braccio posseduto di Martin mica se ne sta tranquillo col suo nuovo proprietario, anzi uccide un po' di gente assortita, causando la fuga del disgraziato dall'ospedale. Una delle vittime è il ragazzino Bobby, membro della famigerata Zombie Squad - i cacciatori di zombie! - che si mette in contatto con il fuggiasco, promettendogli aiuto. Purtroppo Martin non sa che la Zombie Squad è formata da tre sfigatissimi nerd americani. Il resto del film è un crescendo di delirio, massacri nazi-zombieschi e tanto, tanto black humour. La scena clou vede due battaglioni scontrarsi fra loro: da un lato un plotone dell'Armata Rossa risvegliato da Martin, dall'altro i Nazi-Zombie di Herzog. Ovviamente si scatena l'apocalisse: "Nazi-Zombie spaccano tutto!" è la frase che più riassume quello che succede nella seconda parte del film. Vedremo ovviamente squartamenti assortiti, un carro armato sguinzagliato per le pacifiche cittadine norvegesi e manovrato dalle goffe mani di zombie dementi, battute tristi ed infelici inserite in un contesto grottesco e divertente, e tanto altro ancora.
Vi ho raccontato gran parte del film, credo senza aver fatto spoiler enormi. La trama è un concentrato di situazioni assurde e folli, e la genialità di Wirkola e sceneggiatori raggiunge picchi qualitativi su cui non avrei mai scommesso. Ecco la spiegazione della terza frase: "More of the same". Dead Snow 2 è esattamente il primo film con un mucchio di idee in più. Tommy & Co. hanno violentemente pigiato sul pedale del "Cazzatone a go-go!". In mezzo a tutto questo furore goliardico, gli sceneggiatori hanno in qualche modo voluto omaggiare i nerd che, grazie al passaparola di Internet, hanno decretato il successo del primo Dead Snow. I membri della Zombie Squad sono di fatto i co-protagonisti del film: Daniel, il capo, è l'unico ragazzo che crede davvero alle parole di Martin; le ragazze, molto scettiche, si muovono più per spirito di avventura che per cacciare davvero gli zombie; Monica, in particolare, è un'appassionata di Guerre Stellari e infarcisce i suoi dialoghi con battute e citazioni tratte dalla saga creata da George Lucas. La stessa ragazza indossa la maglietta "It's a Trap!" con l'ammiraglio Ackbar, che il popolo nerd ha trasformato in meme planetario. Ecco quindi perché Wirkola ha deciso di "Far contenti i nerd!". Peccato, però, che tutta questa sotto-trama sia di una tristezza incommensurabile. Non è che noi nerd ci esaltiamo solo perché qualcuno cita pedestremente i nostri film preferiti, suvvia. O sì? Beh, tristezza a palate a parte per questa situazione che probabilmente è sfuggita di controllo al regista e sceneggiatori, non posso non apprezzare il black humour inserito in moltissime scene, che alleggerisce notevolmente il tono e lo spirito dell'intero film. Stiamo parlando di humour norvegese, eh. Che sarà sicuramente superiore, che so, a quello teutonico (non credo di aver mai visto in vita mia un film comico tedesco che mi facesse ridere), ma lontano dal farmi fare scroscianti risate a crepapelle... qualche situazione molto buffa, invero, c'è: ecco così spiegata la frase finale "Con qualche risata" del Wirkola-pensiero.

Posa da fighi degli Zombie Armata Rossa
Penso di avervi inquadrato nel modo migliore possibile questo film, perché di altre frecce nel suo arco non ce ne sono, ma quanto esposto sarà senz'altro sufficiente per farvi decidere se passare 90 minuti di visione spensierata. Eppoi DEVO (imperativo categorico) fare un applauso alla demenzialità della scena finale (sì, c'è uno SPOILER GROSSO COME UNA CASA - selezionare il testo col mouse per leggere) che vede:
  • Martin recarsi alla tomba della fidanzata Hanna;
  • Martin risvegliare Hanna col braccio di Herzog (sì, gli è rimasto attaccato);
  • Martin trombare Hanna in macchina in una scena che cita palesemente Titanic con la mano pigiata sul vetro dell'auto;
  • Il tutto accompagnato dalla canzone "Total Eclipse of the Heart" di Bonnie Tyler. E qui mi è partito spontaneo l'applauso nel mezzo del mio salotto: il testo della canzone sembra quasi accompagnarsi alle immagini che scorrono, fino a sfumare nei titoli di coda. Tutto molto grottesco e geniale... e tutto senza un vero perché.
Le due Zombie Squad e lo sfigato Glen (a destra)
In conclusione, il film è decisamente promosso: a me Wirkola piace, nonostante debba ancora sgrezzarsi in alcuni aspetti. Dal punto di vista registico Dead Snow 2 è ineccepibile e solido. La sceneggiatura presenta sfondoni e perfino degli errori concettuali clamorosi, ma lì per lì neanche ci si fa tanto caso. Gli effetti speciali e il trucco degli zombie sono eccellenti, d'altronde ci sono stati altri due film in precedenza per farsi le ossa. Peccato per l'aver strizzato troppo l'occhio ai nerd: per me l'effetto ottenuto è più da presa pel culo che un omaggio vero e proprio; peccato anche per i dialoghi veramente imbarazzanti, e per la scarsa capacità recitativa dei comprimari, non all'altezza del protagonista. Peccato, infine, per il magro incasso al botteghino americano: il floppone è stato notevole, nonostante il budget fosse davvero minimo. Per il resto, Dead Snow 2 è semplicemente folle e, a tratti, geniale. Date retta ad un povero pirla: se vi piace il genere, dategli una possibilità.


Il Pagellone!
Così è deciso!
Trama: 5,5
Diciamolo, non è il punto forte del film, anche se qualche situazione non banale sia stata inserita.
Musiche: 6
Do un "sei politico": non ricordo le musiche in modo particolare, ma le ho trovate adatte allo svolgimento del film.
Regia: 7
Per me Tommy ci sa fare. A volte non sembra nemmeno di vedere un film europeo a basso budget, e questo merito gli va dato. Il taglio registico e la resa visiva reggono tranquillamente il confronto con altre produzioni più blasonate.
Ritmo: 7
Non ha tante fasi di stanca, che sono correttamente intervallate dalle scene in cui gli zombie combinano qualche casino. Mi è sembrato un film equilibrato.
Violenza: 7,5
Lo splatter arriva quando i Nazi-Zombie entrano in azione, e non poteva essere altrimenti. In fondo, è il motivo principale per guardare film dementi come questo...
Humour: 7
Nonostante l'umorismo nordico non sempre sia nelle mie corde, la sua leggerezza e la sua demenzialità meritano un sette vigoroso.
XXX: 0
Niente da segnalare (nonostante quello che ho raccontato nello SPOILER del corpo della recensione)
Voto Globale: 7
Dead Snow 2 è promosso su tutta la linea, a me è piaciuto anche più del primo pur avendo un effetto novità inevitabilmente inferiore. Se Wirkola avesse dato meno spazio alla Zombie Squad, il film avrebbe preso un voto anche più alto.

martedì 14 luglio 2015

Frankenstein's Army (2013) | Recensione

Frankenstein's Army
Voto Imdb: 5,3
Titolo Originale:Frankenstein's Army / Army of Frankenstein
Anno:2013
Genere:Horror
Nazione:Paesi Bassi
Regista:Richard Raaphorst
Cast:Karel Roden, Joshua Sasse, Alexander Mercury, Luke Newberry


"Ti vedo palliduccio! Un colpo di martello e mezzo giro di vite, e sei come nuovo!"
Inutile nasconderlo: il found footage, come stile, ha sfracellato la minchia. Ma tanto. Detto brevemente, è quella tecnica registica usata specialmente nei mockumentary ("falso documentario", riprese fittizie che vogliono sembrare reali, come un vero documentario) in cui il video viene ripreso in prima persona da uno dei personaggi e montato in mondo (fintamente) grezzo per simulare il ritrovamento della telecamera. Solitamente chi effettua le riprese fa una brutta fine, e il video è l'unica testimonianza delle sue tragiche disavventure. Per rendere più realistica la ripresa, la colonna sonora è praticamente priva di musica (se non quella eventualmente presente nella scena ripresa), e viene enfatizzato l'effetto sonoro. Questa pappardella per dire che, sì, anche Frankenstein's Army ricade in questo genere. Usato spesso per film con basso budget, il found footage è un ottimo espediente per mascherare la pochezza di mezzi, a volte anche di idee (in fondo, basta prendere una telecamera barcollante, aggiungere urla agghiaccianti a cazzo, muovere in modo convulso suddetta telecamera come se l'operatore fosse posseduto dal Morbo di Parkinson - da questa definizione scaturisce il termine di Parkinson-Camera - e l'effetto è presto ottenuto). Nella storia recente e meno recente, basta citare The Blair Witch Project (1999) come uno dei più famosi esponenti di questo filone: insulso film basato sul TEDIO, con cinque (dicasi cinque) ottimi minuti finali, tradotti in una colossale presa per il culo mondiale a cui la gente (io me medesimo incluso, s'intende) abboccò grazie all'enorme hype generato su Internet in quegli anni. In effetti quel film non sfigurerebbe in un manuale di marketing (non certo in uno di cinematografia). Quasi una decade dopo, grande successo hanno riscosso film come l'inquietante Diary of the Dead (2007, di George Romero, sempre pronto a sperimentare nuove strade per riproporre lo stesso film all'infinito) lo spagnolo [REC] (2007, scusate non trovo il font del pallino  che fa parte del titolo completo e non ho voglia di fare copia & incolla da Wikipedia, ndGP) e gli americani Paranormal Activity (2007) e Cloverfield (2008). Poi, non posso non menzionare il qui recensito nonché ben riuscito Troll Hunter (2010).
Zombot infuocato con elica!
Dopo questa pappardella, addentriamoci nel mondo di Frankenstein's Army. Le cose da dire alla fine non sono tantissime: è un film a basso budget, e lo si era capito dall'introduzione; è olandese; è l'opera prima del regista, nonché ideatore, sceneggiatore e responsabile degli effetti speciali Richard Raaphorst; e, soprattutto, ha a che fare con il sotto-filone degli zombie nazisti, qui inseriti in un contesto più steampunk. Siamo alla fine della Seconda Guerra Mondiale, e una truppa russa capitanata da Viktor è in missione in un punto non precisato della Germania Orientale: i russi stanno cercando dei compagni da salvare, dispersi in terra nazista. Il loro peregrinare è documentato da una telecamera portatile (chi non ce l'aveva nel 1945?) su diretto ordine di Stalin. Presto la truppa si imbatte in un villaggio dove si intuisce che qualcosa di malsano si sta aggirando nei dintorni. I cadaveri non sono propriamente rassicuranti: lame e strani aggeggi sono orrendamente attaccati ai corpi. Quando i protagonisti si addentrano nelle catacombe della chiesa, scoprono un vero inferno dantesco. Orrendi soldati nazisti privi di vita ma assemblati con parti di macchinari, eliche, lampade, spade e schifezze simili li attaccano, portandoli al delirio e alla follia. Dietro queste marcescenti creature bio-meccaniche c'è il diretto discendente del Dottor Viktor Frankenstein, il quale nella sua lucida follia sta per compiere il suo esperimento definitivo: unire i cervelli di un soldato comunista e di uno nazista per creare la macchina da guerra definitiva!
Su, da bravo, fai ciao con la manina! Sei ripreso!
Da queste poche righe è facile capire a cosa sta andando incontro l'ignaro spettatore di questo film. Diciamolo, non è per cuori deboli. Niente di terrificante, ma in alcune scene lo splatter la fa da padrone, riempiendo la scena e le inquadrature, che si soffermano su particolari ributtanti come cervelli asportati ed interiora pronte per cucinare la trippa con spezzatino. Frankenstein's Army è un film di nicchia che strizza l'occhio all'appassionato di horror e splatter, e schifa tutti gli altri telespettatori (che ricambieranno con gusto il sentimento). Il film in sé soffre di tutti i difetti del filone cui appartiene: la prima metà è di una noia allucinante, e serve soltanto per presentare i protagonisti. Che, purtroppo, non sono tratteggiati in modo efficace. Vediamoli insieme:

  • Il vecchio comandante, incartapecorito e mezzo rincitrullito, destinato a fare una prematura e orrenda fine; il suo scopo è semplice: in un certo momento della narrazione deve per forza avvenire il rito della scelta di chi prenderà il comando. Decisione che solitamente scontenta tutti se il prescelto non diventerà un eroe. Vi permetto quantomeno di dubitare su questa conclusione ovvia e scontata...
  • L'addetto alle riprese, che prende il suo incarico come una Missione Suprema, con innaturale e poco realistico disprezzo della vita propria e dei suoi commilitoni pur di ottenere il filmato che deve entrare nella Storia. Oggi se la sarebbe cavata con un drone, rovinando tutto il pathos del cronista che prova sulla propria pelle sventure assortite. Ma volete mettere gettarsi in trincea, nel mezzo di automi assetati di sangue, imbracciando una telecamera portatile russa del 1945?
  • Il graduato polacco, l'unico fra tutti dotato di buon senso. Peccato che abbia il terribile difetto di non essere russo: per questo motivo, è malvisto da tutti i commilitoni. Ovviamente è l'autocandidato a prendere il posto del vecchio comandante... immaginate la gioia degli altri nel dover sottostare a lui.
  • Il soldato sbarbatello, gli occhi sempre sbarrati dal terrore, che non può mai mancare in questi gruppi così male assortiti.
  • Il panzer di colore / meticcio. In tutti i film americani, il personaggio di colore è uno di quelli che muore subito. Questo è un film europeo, ma... nessuna sorpresa, accade quasi lo stesso.
  • Lo schizzato fuori di testa violento che odia tutti e che contesta in successione: il polacco perché è polacco e giustamente gli stanno tutti sul cazzo; il cameraman perché è ebreo; il panzer perché è di colore; lo sbarbatello perché è inutile. Anche lui si autoproclama a comandante del gruppo: d'altronde, quale candidato migliore per tirare TUTTI fuori dai guai? Ehm...

Da questo breve elenco, è palese che non ci sia niente di troppo nuovo o interessante. Il gruppo funziona quel poco che basta per portare avanti la narrazione fino alla mezz'ora finale, in cui succede di tutto e si verifica anche un (piccolo) colpo di scena. L'unico personaggio degno di nota, a livello di caratterizzazione, è Viktor Frankenstein Jr, ma non è che ci voglia un genio della penna per tratteggiare una mente allo stesso tempo superiore e folle, e totalmente incapace di discernere fra giusto e sbagliato. Per Viktor Jr. conta solo il risultato dei suoi esperimenti.
Esempio della cura riposta nel design degli Zombots!
La cosa più evidente dell'intero film è che gran parte del budget sia stato speso nel design e nella realizzazione dei soldati nazisti: solo leggendo i titoli di coda si scopre che hanno un nome (Zombots) e che ciascun Zombot presente ha un proprio nome che lo identifica. La maniacalità del regista risalta grazie a questa enorme cura dei dettagli. Va detto che la resa degli Zombots è davvero egregia e trasmette ottimamente il senso del grottesco e del delirio mentale di Viktor Frankenstein Jr. Diciamola tutta: gli Zombots sono l'unico motivo per cui guardare questo film. Sulla regia non mi sbilancio più di tanto: la Parkinson-Camera domina, le immagini sono a volte pulite, a volte ingarbugliate; il montaggio è atroce anche se voluto, dal momento che rispetta lo stile del found footage; la recitazione è così così. L'unico attore degno di nota è Karel Roden (Viktor Frankenstein Jr.), che abbiamo visto in Hellboy (nel ruolo di Grigori Rasputin) e in The Bourne Supremacy (nella parte di Gretkov). Il resto è fatto di attori emergenti o di terzo piano. Chi ama trovare diverse chiavi di lettura in un film e solitamente passa il tempo a domandarsi: "Cosa avrà voluto comunicarci, il Regista?", è meglio che si rivolga altrove. Non c'è traccia di critica sociale o insegnamento morale: c'è soltanto la voglia di stupire toccando il tasto dell'orrore e del grottesco. Diciamo piuttosto che il film è più un lungo esercizio di stile di Raaphorst, che in precedenza ha lavorato sugli effetti speciali di alcuni film di Paul Verhoeven - mica pizza e fichi.

In conclusione, Frankenstein's Army è un tentativo di horror europeo non particolarmente riuscito nella sua globalità, ma che ha alcuni aspetti meritevoli di attenzione e di qualità superiori alla media. Qualcuno ben prima di Raaphorst ha delineato gli stilemi dell'horror mockumentary, e il Nostro non ha fatto nulla per allontanarsi dai sentieri sicuri già tracciati. In più, in questo caso specifico, è purtroppo necessario un enorme sforzo di sospensione dell'incredulità (bisogna accettare che nel 1945 si usassero telecamere portatili in grado di registrare a colori in ottima qualità: per me è stato uno sforzo ben maggiore di quello di accettare l'esistenza di mostri patchwork con eliche al posto della testa e in divisa nazista...) Per lo spettatore medio o generalista il film sarà inevitabilmente una bocciatura senza appello; per malati di mente come il sottoscritto potrebbe invece riservare qualche momento di visione disimpegnata. Promosso o bocciato? Perbacco, leggi il pagellone!

Il Pagellone!
Così è deciso!
Trama: 4,5
L'originalità di trama e sceneggiatura latita. Pochi guizzi nella sceneggiatura e nella caratterizzazione dei personaggi, nessun tentativo di cambiare le regole dello stile cui il film si attiene in modo didascalico.
Musiche:
0
Come spiegato in sede di recensione, la colonna sonora è pressoché assente, dal momento che un found footage con le musiche risulterebbe poco credibile...
Regia: 5,5
Odio lo stile del found footage, detesto la cinepresa traballante, non sopporto il montaggio fintamente-a-cazzo-di-cane che mi rende la visione poco organica. Avrei dato un voto anche più basso alla regia, se non fosse che nella mezz'ora finale il film s'impenna.
Ritmo: 6
Come spesso mi succede, devo fare una media: la prima parte è davvero soporifera (4), la seconda decolla e conduce brillantemente al finale (8). Probabilmente la media andrebbe ponderata, perché i minuti soporiferi superano quelli con più ritmo... ma non esageriamo!
Violenza: 7,5
Alcune scene sono decisamente splatter, gli Zombots sono mostruosi e degni frutti di un vero malato di mente. C'è chi si aspettava anche di più, personalmente mi dichiaro soddisfatto di quanto visto.
Humour:
5
Qualche Zombot è dotato di una inventiva particolare che mi ha strappato un mezzo sorriso. Per il resto, il film è decisamente serio.
XXX: 0
Nulla da segnalare.
Voto Globale: 6
Oggi mi sento generoso e do la sufficienza piena ad un film con molte lacune ma che punta tutto su un aspetto visivo malsano e grottesco, reso in modo particolarmente efficace. Si tratta del classico: "Ha le potenzialità, ma non si è applicato abbastanza."
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