mercoledì 4 novembre 2015

Turbo Kid (2015) | Recensione

Turbo Kid
Voto Imdb: 6,6

Titolo Originale:Turbo Kid
Anno:2015
Genere:Azione, Fantascienza
Nazione:Canada, Nuova Zelanda
Regista:François Simard, Anouk Whissell, Yoann-Karl Whissell
Cast:Munro Chambers, Laurence Leboeuf, Michael Ironside, Edwin Wright, Aaron Jeffery, Romano Orzari


Espressione stilosa da figo bastonato: ecco The Kid
Ah, gli anni '80. Difficili da definire ed inquadrare per chi, come me, li ha vissuti in pieno, figuriamoci per chi è arrivato dopo. Sono stati una strana, irripetibile alchimia di eventi, musiche, film entrati nella storia e nell'immaginario collettivo, sia nel bene che nel male. Io per primo cerco di essere il più neutro possibile nell'esprimere giudizi, ma mi rendo conto di quanto sia impossibile per me, che in fondo sono un romantico che ama crogiolarsi nell'effetto nostalgia. Oggi, trent'anni dopo, gli anni '80 sono accettati, ricordati, sospirati. Sdoganati, mi vien da dire. Basta poco per far scattare una ormai classica sequenza di associazioni: (Cultura) Pop -> Elevazione del senso del ridicolo e del kitsch -> Modernariato = Anni '80. Può essere il Cubo di Rubik, i capelli cotonati, i colori sgargianti, le scarpe da ginnastica indossate nella vita di ogni giorno, i pantaloni a vita molto (molto!) alta, il logo della Nintendo... e può essere più che sufficiente una sequenza di suoni synth-pop sparati a raffica per far scattare automatica l'associazione, come se fosse una reazione pavloviana. Detto questo, non deragliamo troppo: qui si parla di Turbo Kid (2015), film indipendente canadese nel midollo (con capitali anche neozelandesi) e presentato al Sundance Festival 2015. Cosa ha di così particolare da catturare la mia attenzione? Facile: ci è stato spacciato come un romantico ed appassionato inno agli anni '80. Sarà vero? Sarà falso? Scopriamolo insieme...

In una sola immagine: le terre desolate, The Kid e Apple

Skeletron e la sua minacciosa BMX
Il mondo intero è sconvolto dalle piogge acide e dopo l'Apocalisse gli uomini vivono in piccole comunità, nelle quali è possibile procurarsi la poca acqua rimasta. Siamo nel futuro, nel... 1997. Ecco, già da questa frase pronunciata dalla voce fuori campo iniziale è facile capire dove questo film voglia andare a parare. Siamo in un futuro alternativo relativo agli anni '80 e tutto quello che noi vediamo, a partire dai costumi, oggetti, modo di vivere... è derivazione di quella decade. Il progresso si è fermato (così sembra...) e in questo 1997 non esiste quasi nulla di quello che nella nostra realtà c'era già: telefoni cellulari, tv, computer... niente di tutto questo! Non esiste più un mezzo di locomozione che non siano le biciclette, anzi le gloriose BMX. Il protagonista non ha un nome, è semplicemente "Il Ragazzo" (The Kid, interpretato da Munro Chambers). The Kid girovaga per le wasteland ("terre desolate") in cui vive, raccatta tutte le memorabilia di quando era piccolo (oggetti anni '80: cubi di Rubik, walkman, lampade da tavolo a forma di fenicottero, pupazzi assortiti, pezzi del Meccano, penne magiche con la donnina che si sveste capovolgendola, schiacciapensieri assortiti, e tanto altro ancora) e ciò che non tiene, lo rivende in cambio di acqua e... albi di Turbo Rider, il suo fumetto preferito che racconta dell'omonimo eroe senza macchia e paura che castiga i cattivi del pianeta. Proprio durante la lettura di uno di questi albi e, ironia della sorte, proprio nella scena in cui l'eroe deve salvare la fidanzata, The Kid fa la conoscenza di Apple ("Mela", interpretata da Laurence Leboeuf), ragazza dagli occhi stralunati, un sorriso perenne ed un parruccone che la rende tanto la cugina povera di Jem delle Holograms. Ovviamente questo incontro è l'inizio della fine... perché in tutte le storie avventurose anni '80 che si rispettino, la ragazza viene rapita dal cattivo di turno Zeus (uno strepitoso Michael Ironside) e The Kid decide che deve salvarla a tutti i costi. A rendere le cose interessanti troviamo: la comparsa di Frederic, un avventuriero sbruffone nato dalla fusione di Indiana Jones, lo Stallone di Over the Top, il Tom Selleck di Avventurieri ai confini del mondo e un cowboy alla Clint Eastwood; per inciso, Frederic è indiscusso campione di braccio di ferro (capito perché cito Over the Top?). Secondo fatto: The Kid scopre per caso una base segreta futuristica che contiene... il reale costume di Turbo Rider! Perché non indossarlo, armarsi di arma-raggio-protonico (comandato da un chiaro pad stile Nintendo) e diventare un super eroe in grado di sconfiggere Zeus e il suo temibile scagnozzo Skeletron?

Occhi a forma di cuoricino. I miei.

This is my gnomestick!
Non racconto altro, ma la trama riserva qualche altra chicca e sorpresa. Quello che è chiaro, ad ogni modo, è il frullato dei più eclatanti cliché di un certo cinema anni '80. In particolare, dei B-Movies di quella decade. Perché se da un lato è facile cogliere e citare mostri sacri come Terminator, Mad Max (il 2 principalmente), 1997 - Fuga da New York e I Goonies (per il senso dell'avventura adolescenziale), dall'altro sono molti di più i riferimenti a produzioni "minori" ma diventati cult per una nicchia di appassionati per il loro essere sopra le righe, improponibili e, certamente, trash. Gli stessi registi hanno citato come fonte di ispirazione titoloni del calibro di: Scanners, The Barbarians - I Barbari (di cui trovate qui una mia accorata recensione), Grosso guaio a Chinatown (uno dei cattivoni), L'Armata delle Tenebre (fantastica la scena in cui Apple afferra l'arma-bastone a forma di gnomo e, con movenze chiaramente ispirate da Ash, urla: "This is my gnomestick!" imitando la battuta simile "This is my boomstick!"), Splatters - Gli schizzacervelli, e soprattutto un film ai più sconosciuto: Bambola meccanica modello Cherry 2000 (1987), con Melanie Griffith, David Andrews e Lawrence Fishburn; è la storia ambientata nel solito universo post-atomico in cui il protagonista vaga per il deserto per cercare pezzi di ricambio per il suo robot-trombamica-moglie (sì, avete capito bene). Guardando Turbo Kid, capirete il perché di questa influenza così smaccata. Lo stesso gioco delle citazioni vale per i titoli di testa: vediamo The Kid vagare per le lande desolate pedalando come un forsennato sulla sua fida BMX, mentre sentiamo la canzone "Thunder in your heart" ad accompagnare le prime sequenze. Se questa canzone non vi dice nulla, non preoccupatevi; sappiate però che è presente nella colonna sonora del film australiano RAD (1986), tutto incentrato sulle BMX; di quel genere e di quegli anni io ricordo di più La Banda della BMX (1983, con l'esordiente sedicenne Nicole Kidman), ma fa niente. Stiamo comunque parlando di uno dei simboli di quegli anni! Detto fra noi, io non avevo una BMX, aveva il sellino troppo duro per le mie dorate chiappe, e preferivo la bici da cross molleggiata posteriormente. Ma non divaghiamo. Questo discorso sulle BMX, sulla canzone e su Turbo Kid ha uno scopo: farvi capire a che livello di citazionismo e cura sono arrivati i tre registi canadesi. Uno dei loghi iniziali addirittura richiama in modo palese quello della Cannon Film, indimenticata casa di produzione di B-Movies d'azione (Delta Force, Missing in action, Over the top, etc). Intendiamoci, però: più volte, in recensioni passate, mi sono lamentato del rischio che si corre quando si procede con il citazionismo a tutto spiano: si finisce col perdere di vista l'intero film trasformandolo in una sequenza di richiami fini a sé stessi, privandolo di un'anima propria. Con Turbo Kid, per fortuna, questo non succede. Paradossalmente, se doveste togliere tutta la sovrastruttura anni '80 da questa produzione, il film rimarrebbe in piedi lo stesso, senza implodere tristemente. Certo, con un minore impatto: segno che gli anni '80 restano un pilastro importantissimo delle fondamenta di Turbo Kid


Al di là del rimando ad una precisa tipologia di cinematografia di quel periodo, Turbo Kid ha altre frecce nel suo arco. Vorrei innanzitutto sottolineare un aspetto forse un po' trascurato nelle recensioni che ho letto in giro. Se è vero che si può connotare gli anni '80 con alcuni film davvero epici, non si può non citare l'impatto fondamentale che i videogames hanno avuto sui ragazzini di allora. Perché se c'è una cosa che nasce e dilaga in quel periodo, è proprio il videogioco. Ok, c'erano già i coin-op di fine anni '70 (ce lo insegna Pixels, altro film decisamente debitore di questa decade, anch'esso qui recensito), ma è nella metà degli anni '80 che i videogiochi entrano nelle case di tutti... quanti di noi hanno fatto una trafila del tipo: console Atari VCS, Commodore 64, Nintendo NES, Amiga, PC ? Io per esempio ho avuto il VIC 20, ho saltato Commodore 64 e Amiga, sono passato allo splendido ma sfortunato Atari Lynx e sono piombato nel mondo PC senza uscirne mai più. Turbo Kid, a partire dai titoli di testa, cita a piene mani la grafica degli 8-bit. Ditemi se il logo Turbo Kid non richiama quelli di Speedball, Chase H.Q., Robocop o l'Atari ST Turbo... per non parlare dei cuori-vita-personaggio di Zelda, o dell'intera struttura del film, articolato come se fosse un platform beat 'em up (per chi non conosce il gergo da gamer: videogioco a scorrimento laterale dove il protagonista si muove, scatta, salta e massacra di botte gli avversari); il pad di controllo di Turbo Rider è diretta derivazione della Nintendo e l'arma stessa ha le movenze e gli effetti di quella di Mega Man.

Gli scagnozzi di Zeus, direttamente da Mad Max... o Ken il Guerriero.
Una seconda, enorme, freccia nell'arco è la colonna sonora. Qui il discorso si fa decisamente spinoso. Primo, perché la soundtrack, curata dai Le Matos, un duo (ex-trio) di DJ franco-canadesi, si basa interamente sul synth electropop tanto in voga in molte produzioni di quegli anni. Le musiche di Turbo Kid riempiono moltissime scene, ne sono parte integrante, ed in una in particolare concorrono alla riuscita di una esilarante gag (il protagonista indossa la tuta di Turbo Rider, e mentre avviene la vestizione in stile Rambo, parte una traccia synth epica a manetta; quando The Kid si rende conto che l'elmo non va bene, la musica si interrompe, il ragazzo prende il suo elmetto sfigato e la musica riprende con tono più scanzonato). Lasciatemi dire che la qualità di queste musiche mi ha lasciato a bocca aperta: le tracce sono semplicemente strepitose e più di ogni altra cosa rendono il film unico a modo suo. C'è però il rovescio della medaglia: se qualcuno di voi si sente rocker incallito ma con la puzza al naso che schifa la musica elettronica, troverà le musiche indubbiamente ridondanti al punto che gli usciranno dolorosamente dalle orecchie. Mi spiace per voi, vi perdete un gran genere ed una splendida colonna sonora. Io che adoro le composizioni C64 di Rob Hubbard e tuttora ascolto con piacere alcuni vecchi .mod di derivazione ProTracker Amiga, non posso rimanere indifferente a questi suoni così particolari.

Skeletron!
Togliamo le citazioni, togliamo la poderosa colonna sonora, cosa rimane di Turbo Kid? Ancora tanto! Sembrerà strano, ma i personaggi sono davvero caratterizzati bene; ovviamente i cliché su cui sono modellati aiutano nel processo di identificazione e memoria... ma, complice l'ottima recitazione che raramente si riscontra in similari produzioni indipendenti a basso budget, tutti lasciano il segno. Ottimo il protagonista e alcuni comprimari, ma ci sono tre personaggi che svettano su tutti gli altri:

Frederic il figo... eh beh!
  • Frederic il duro (Aaron Jeffery). Parla solo con frasi fatte, da duro appunto. Sguardo intenso da figo, pose alla Harrison Ford, atteggiamento sbruffone dell'uomo che non deve chiedere mai, ma... subirà un curioso ribaltamento di ruoli. Non dico troppo per non spoilerare, ma diciamo che da eroe senza macchia e senza paura diventa una spalla di Turbo Kid.
  • Apple (Laurence Leboeuf). Splendidi occhi luminosi, sgranati e spiritati, espressioni assurde, e dolcezza a carrettate. Impossibile non palpitare per lei. Ha la stessa reazione entusiasta sia che si trovi di fronte ad una desolata distesa, sia che debba prendere a mazzate (con tanto di schizzi sanguinolenti) gli sgherri di Zeus. Ovviamente è il personaggio che cela dentro sé un segreto... a fine articolo, la solita carrellata del Neurone Numero 4...
  • Zeus (Michael Ironside). Ma quello che più di tutti giganteggia, è lui. L'efferato cattivo, il boss finale se fossimo in un videogame, privo di un occhio e dotato di cattiveria e cinismo spietato... con aria divertita e sorniona allo stesso tempo. Tutto questo è appunto Zeus, interpretato da uno dei più bravi attori canadesi. Cosa si può volere di più?
Zeus / Michael Ironside. Un grande!
Nota di colore: due dei tre registi appaiono in piccoli camei: Anouk Whissell è La Madre mentre François Simard è Il Padre. Altre menzione d'onore per Skeletron, l'ultra-cattivissimo braccio destro di Zeus: maschera metallica scheletrica che lo rende simile a Skeletor di He-Man e i Dominatori dell'Universo, divisa alla Rollerball, efferata lama rotante che sega tutto come arma principale, darà del filo da torcere a tutti i protagonisti. Grande prova!

Tana per Anouk e François!
(foto in alto: i tre registi a Montreal, Yoann-Karl è quello a sinistra)
Riprendendo la domanda precedente, per gli incontentabili, sì, è possibile avere di più. Lo splatter. Qui ce n'è a pacchi. Se i registi citano fra le loro fonti di ispirazione Scanners e Splatters - Gli schizzacervelli, lo fanno con cognizione di causa. Qui assistiamo a squartamenti, sbudellamenti, improbabili cascate di sangue, uccisioni creative e tanto altro. C'è l'ausilio di computer graphic, si usa - e si vede - sciroppo rosso fin troppo liquido, ma l'effetto ottenuto è ottimo, perché il film riesce ad essere leggero e per nulla appesantito da queste sequenze. Non è lo splatter greve di Fulci o del Romero anni '80, ma quello scanzonato e sopra le righe più vicino alle produzioni Troma o Sushi Typhoon, senza peraltro raggiungerne gli eccessi. Splatter con stile, oserei precisare.

Turbo Glove!
Altre due note prima di chiudere:
1) Al momento in cui scrivo (Novembre 2015) non esiste una versione italiana, né si intravede all'orizzonte, purtroppo. Come è avvenuto con film simili in passato (vedi: Iron Sky o The Raid: Redemption), l'unica speranza è che il passaparola porti ad una uscita almeno in home video. Incrociamo le dita!
2) Spesso Turbo Kid è associato ad altri due film che fanno dell'omaggio agli anni '80 il loro punto di forza. Premettendo che avranno una recensione ad essi dedicata, mi riferisco a Kung Fury (qui il video ufficiale completo) e a Manborg. Il primo è un cortometraggio di 31 minuti, nato grazie ad una esplosiva campagna su Kickstarter dopo che era stato diffuso un trailer-promo di due minuti. L'ho visto, e in futuro ci tornerò; Kung Fury è comunque un film che, tolto il citazionismo trash spinto, rimane con ben poco. Diverte, ma non si può chiedere di più. Il secondo film è invece un mediometraggio di 63 minuti, canadese guardacaso, ultragore (splatter a dismisura), decisamente di nicchia, che strizza maggiormente l'occhio agli appassionati di Mortal Kombat. Gratta gratta, è un altro prodotto vuoto, esteticamente valido nonostante il budget ridicolo, ma che è risultato un mero esercizio di stile. Da queste righe, è facile notare come Turbo Kid sia più film degli altri due messi insieme, e già solo per questo è più appetibile a priori. Io lo accosto maggiormente a prodotti come Hobo with a shotgun (qui recensito!), diretto da Jason Eisener che, oh la causalità!, in Turbo Kid è uno dei produttori esecutivi; lo stesso citato Pixels (2015), e Scott Pilgrim vs the World (2010, qui recensito); suggerisco inoltre di recuperare almeno un altro paio di titoli come Un tuffo nel passato / Hot Tube Time machine (commedia fantascientifica del 2010 con John Cusack) e Rock Star (2001, con Mark Wahlberg e Jennifer Aniston).


Quando parlavo della citazione addirittura nei titoli di testa...
Se non avete paura di recuperare un film in lingua originale, se lo splatter vi fa un baffo, se adorate la synthwave della colonna sonora, se cercate una storia semplice ma godibile e non banale e se, infine, cercate un film che oltre all'estetica anni '80 ha anche un'anima dentro, Turbo Kid è quello che fa per voi. Promosso.


Il Pagellone!
Così è deciso!
Trama: 6
La trama è semplice, ma godibile e non banale. Ambientazione post-apocalittica certamente non nuova, ma con una sua identità ben precisa.
Musiche: 9
Già detto tutto in sede di recensione. Il synthpop onnipresente riempie le scene e le orecchie. Per chi, come me, adora il genere, la musica è di ottima qualità. Se invece siete rocker spocchiosi che odiate il synth, dimezzate pure il voto perché a lungo andare il suono vi darà quasi fastidio.

Regia: 7
I tre registi, alla prima vera prova su un lungometraggio, a mio avviso hanno fatto centro. La qualità visiva è ottima e l'ambientazione è resa in modo eccellente. Non hanno deragliato dalla loro visione originaria e si sono dimostrati coerenti dall'inizio alla fine. Bravi!
Ritmo: 7
Contrariamente a quello che può sembrare, il film non è un missile ma ha un ritmo quasi compassato. Ha delle belle accelerazioni, intervallate da qualche pausa di troppo, forse dovuta all'inesperienza dei registi... ma come! Ho appena parlato benissimo di loro! Non è un peccato grave, tutto qui.
Violenza: 7,5
Violenza? Sì, a pacchi. Con un paio di scene abbondantemente splatter nel vero senso della parola. Però è tutto volutamente mantenuto su toni leggeri. 
Humour: 6,5
Turbo Kid non strappa risate sguaiate e non è un film demenziale. Ciò non toglie che abbia un umorismo e una leggerezza di fondo che, dato il contesto generale, ci stanno non bene, ma benissimo. 
XXX: 0
Niente da segnalare.
Voto Globale: 8
Un film davvero divertente da gustare, con buona qualità visiva e recitativa, splendide musiche (se piace il genere) che non può non piacere al nostalgico o all'appassionato degli anni '80. Grande rivelazione per il 2015!

Ecco l'angolo del Neurone Numero 4: la splendida Laurence Leboeuf! (come sempre, click per ingrandire)












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