venerdì 9 agosto 2019

[Speciale] [Extra] Top 20 Eurodance anni '90

TOP 20 EURODANCE SONGS + TRACCE BONUS

DISCLAIMER. Come ormai dovreste aver intuito, ogni tanto mi piace fare una (lunga) digressione che con i film brutti c'entra poco o nulla ma, non sapendo dove pubblicarla, la piazzo qui ad uso e consumo di chi capiterà qui per caso. Scusami, ignaro navigatore.



Siamo in estate, è tempo di tormentoni! Ma non parlo della fuffa che va tanto in voga oggi, tipo il reggaeton o i pezzi trap che tanto fanno impazzire i giovani che, ahimé, devono ancora sviluppare il proprio gusto musicale e hanno tutto il diritto di sbagliare per migliorare crescendo. Parlo della fuffa che ascoltavamo noi negli anni ‘90, dei nostri errori di gioventù! Non lo dirò, ma immaginatevi la mia vocina che sussurra piano piano: “Non c’è paragone, la fuffa dei nostri tempi era migliore di quella di oggi”. Non l’ho detto… ma è come se l’avessi fatto.
Qui e ora si parla della mia personale e assolutamente parziale Top 20 delle canzoni Eurodance, un genere di musica elettronica dance che nacque alla fine degli anni ‘80, indovinate un po’, in Europa. Questo macrogenere raccoglie diversi elementi della techno, della disco e dell’house: il synth è lo strumento principe, il ritmo è sostenuto, la voce, spesso femminile, talvolta è alzata di tono digitalmente (e magari pure aggiustata con autotune, dal 1997), i ritornelli sono tormentoni martellanti, generalmente alternati a pezzi rappati da una voce bassa e maschile; infine, l’atmosfera generale - sound e testi - sprizza allegria e felicità da tutti i pori, come nel sottogenere bubblegum dance, per esempio. Insomma, non è musica impegnata né particolarmente elaborata; quindi, cari miei sommelier del metallo di ‘sta gran cippa, non venitemi a ravanare la ciolla sulla superiorità della vostra musica: rap e trap a parte, ogni genere ha la sua dignità musicale.

Criteri per la costruzione di questa Top 20
Inizialmente avrebbe dovuto essere una canonica Top Ten, ma mi sono reso conto che avrei ingiustamente lasciato fuori dei pezzi meritevoli; per renderla più varia, ho adottato una semplice regola: una sola canzone per cantante / gruppo (altrimenti la classifica sarebbe stata monopolizzata da due-tre nomi). Se poi vogliamo arrivare a costruire una compilation decente, trenta titoli sono più che sufficienti: ecco quindi l’aggiunta delle dieci bonus track, tutte canzoni di interpreti già presenti nella Top 20 ufficiale. Noterete che ci sono delle assenze eccellenti: questa classifica non ha pretese di essere una storia della eurodance, ma è soltanto uno specchio del mio gusto personale; magari qualche canzone non la conosco o, più semplicemente, non mi piace.
La discriminante per la scelta delle canzoni è semplice: devono essere euro, devono essere dance, quindi eurodance. Sicuramente alcuni titoli sono degli ibridi e non appartengono del tutto al genere o alla decade di riferimento (gli anni novanta): sono consapevole di aver inserito delle eccezioni, ma l’ho fatto a ragion veduta. Se poi avete da contestare, fatelo pure ma tanto la classifica non cambierà, gne gne gne.
Una doverosa, finale ammissione: a me questi pezzi piacciono ancora oggi, li ascolto senza problemi e senza vergogna nonostante mi piaccia il rock, il metal, il pop, il blues, le sigle… bando alle ciance, ed iniziamo! Come da tradizione in stile Superclassifica Show, si parte dall’ultima posizione fino ad arrivare al podio.
Nota finale: tutti i titoli di ogni sezione sono cliccabili e rimandano al video ufficiale su YouTube. Per non appesantire troppo il caricamento della pagina, ho preferito non incorporare i video con la funzione embed. Le immagini delle copertine dei singoli sono state prese dal sito discogs.com.

GIAMPY'S TOP 20 EURODANCE

POSIZIONE 20 - Gigi D’Agostino - The Riddle (1999, Italia)
Dai, ammettetelo: cosa vi viene in mente quando sentite nominare Gigi Dag?
Il Capitano! Il pogo selvaggio! Le Rotonde di Garlasco!
L’accostamento è naturale, praticamente spontaneo anche per me, che alle Rotonde non sono mai stato; anzi, a dire il vero non sono mai stato un frequentatore delle discoteche. Eppure queste canzoni me le ascolto tutte come se fossi in mezzo alla pista: questi sono i controsensi del Giampy.
The Riddle è un classicone della dance italiana, fu un grande successo pur essendo uscito nel ‘99 quando l’eurodance era già in fase calante. Questa canzone è in realtà una cover dell’omonima versione firmata dall’inglese Nik Kershaw, pezzo synth-pop uscito nel 1984, che ebbe un grande riscontro di vendite nel nord Europa e in Inghilterra. Lasciatemelo dire, l’originale è una palla unica (giusto gli inglesi ne rivendicano la superiorità) e si salva solo il ritornello principale, proprio quello che il nostro Gigi riprende trasformandolo in un vero e proprio tormentone fischiettato. Al successo della cover italiana contribuì il video a cartoni animati con l’omino che omaggia il personaggio de La Linea di Cavandoli, qui alle prese con un drago. A scanso di equivoci, ricordo che a cantare non è Gigi (i DJ non cantano e i più sprezzanti diranno che nemmeno compongono) bensì l’armeno Andrew Sarkeesian.

POSIZIONE 19 - Carrara - Shine on Dance (1984, Italia)
Ecco uno dei pochi pezzi non eurodance che ho deciso lo stesso di infilarci, perché comunque la sonorità lo ricorda molto. Con Shine on Dance siamo più nel campo dell’italo dance, della quale il bergamasco (Alberto) Carrara fu un degno rappresentante insieme ai vari Gazebo, Baltimora, Radiorama, Righeira, Den Harrow, Sabrina (Salerno), Ciao Fellini, Albert One e mille altri. L’italo dance nasce a metà degli anni ottanta e, nonostante non esista una definizione che la spieghi in modo chiaro (wikipedia per esempio la fa nascere negli anni novanta! Suvvia), contiene come stile molti degli elementi tipici della successiva eurodance: synth a grandinate, vocoder, testi prevalentemente in inglese, contenuti leggeri e positivi; insomma, tutto ciò che concorre a creare musica perfetta per ballare spensierati. Shine on Dance venne presentata al Festivalbar del 1984 e ottenne grandi consensi: come potete vedere nell’imbarazzante video (registrazione della trasmissione Popcorn), il buon Alberto Carrara - rigorosamente in playback - si presentò con tastiera (sostituita da un pianoforte in altre esibizioni) e violino, il cui campionamento era il suono che spiccava fra tutti gli altri. Si vede che era proprio giovane e impacciato, fa quasi tenerezza quando smette di fingere di suonare il violino e la musica continua imperterrita. Ma Shine on Dance resta un bel pezzo, raffinato e meno cadenzato, pur con tutti i campionamenti che gli amanti di questa musica non faranno fatica a riconoscere. A comporre il brano fu Maurizio Bassi, produttore e compositore milanese che legò il proprio nome a diversi progetti, fra cui Baltimora (Tarzan Boy, di cui fu anche il reale cantante durante le registrazioni in studio nonostante il frontman fosse Jimmy McShane).

POSIZIONE 18 - Netzwerk - Send me an Angel (1992, Italia)
A discapito del nome, che sembra rudemente teutonico, i Netzwerk erano un progetto tutto italiano, nato nel 1992 dalla mente di Roberto Zanetti (noto qualche anno prima con lo pseudonimo di Savage). Nella prima formazione composta da Maurizio Tognarelli, Marco Galeotti e Marco Genovesi il gruppo lanciò due singoli, Send me an Angel (cover dell’omonima canzone del gruppo australiano Real Life) e Breakdown, entrambe con la voce della cantante Sandra Chambers. Ma il vero successo arrivò nel 1994, dopo un rimpasto di formazione e l’arrivo di Gianni Bini e Fulvio Perniola: furono loro a comporre Passion (1994) e Memories (1995), entrambe cantate da Simone Jay. Io ovviamente vado controcorrente, e nella mia Top 20 ci piazzo la canzone d’esordio perché la preferisco; sarà per via della voce, sarà per il sound più vicino agli anni ‘80, più italo e meno euro, fatto sta che Send me an Angel merita più di un ascolto nonostante l’evidente contraddizione in cui sono caduto.

POSIZIONE 17 - Eiffel 65 - Blue (Da Ba Dee) (1999, Italia)
E qui arriviamo già ad uno dei più grandi successi internazionali di un gruppo italiano del genere eurodance: erano decenni che una canzone italiana non vendette così tanto negli Stati Uniti; Blue (Da Ba Dee) fu qualcosa di davvero clamoroso, ancora più all’estero che in Italia (dove raggiunse la terza posizione, mentre quasi ovunque scalò le vette fino al primo posto delle vendite). Gli Eiffel 65, nati nel torinese, erano composti da due musicisti, Maury e Jeffrey Jey, ed un DJ, Gabry Ponte. Dopo la sbornia dovuta al successo, e dopo altri album che però non vendettero come il primo, il trio si sciolse a causa delle tensioni interne, i musicisti da una parte, e il DJ dall’altra. Era ovvio che andasse a finire così, e nemmeno un tentativo di reunion nel 2010 riuscì a sistemare le cose. Oggi Maury e Jey continuano come duo, mentre Gabry Ponte ha proseguito imperterrito a massacrare mostri sacri della musica (ricordiamo ancora la sua versione di Geordie…) Del trio, a distanza di vent’anni (mammamiastommalesecipenso), è rimasta una canzone evergreen, che tutti conoscono, e che non può non finire nella mia Top 20, nonostante non mi faccia impazzire. Il video in 3D ai tempi forse era pure innovativo, ma visto oggi è di una rara bruttezza, diciamo pure che è invecchiato malissimo. Curiosità: Blue fa pure parte della colonna sonora del film campione d’incassi Iron Man 3 (2013), segno del successo avuto negli Stati Uniti.

POSIZIONE 16 - Pet Shop Boys - Go West (1993, Regno Unito)
Altra canzone non propriamente catalogabile come eurodance, ma ce la metto lo stesso perché mi piace assai, decisamente più della versione originale dei Village People pubblicata nel 1979. La verità è che il successo mondiale di Go West arrivò con la versione degli inglesi Pet Shop Boys, che la inserirono nell’album Very nel 1993. Inutile dire che la canzone divenne probabilmente il loro più grande successo commerciale e, da allora, venne sempre eseguita in ogni loro concerto. Il video, come molti di quegli anni, presenta numerose animazioni in computer graphic, con i due cantanti che compaiono spesso tra una scena e l’altra, conciati in modi assurdi e inguardabili (no, siamo ben oltre l’essere eccentrici). Le immagini dell’esercito sovietico nella Piazza Rossa, proprio negli anni in cui il comunismo russo veniva preso a spallate dagli avvenimenti di pochi anni prima, furono il ritratto di un periodo ricco di contraddizioni e di grandi cambiamenti. Proprio per questo Go West è la meno eurodance di tutto il lotto, ma… sticazzi, resta un gran pezzo!

POSIZIONE 15 - Corona - Rhythm of the Night (1993, Italia)
Bastano pochi numeri per illustrare il successo di questa canzone: primo posto nelle classifiche italiane del 1994 per otto settimane consecutive, disco d’oro in Italia, Francia, Germania, Regno Unito ed Australia; entrata anche in classifica nell’americana Billboard Hot 100 (11° posto). Nel 1994 la ballarono tutti, non c’era adolescente che non la conoscesse. Corona era il nome del gruppo, la frontwoman era l’italo-brasiliana Olga Maria de Souza ma, attenzione!, la bella voce, non accreditata, è quella di Jenny B. (Giovanna Bersola, sorella del cantante di sigle Stefano Bersola). The Rhythm of the Night è un classicone in tutto per tutto, la sonorità è eurodance ed italodance nel midollo, nella sua espressione più genuina. Gli abitanti del posto riconosceranno bene dove furono effettuate le riprese del video: a Viareggio. Il gruppo Corona presenta dunque una curiosità abbastanza frequente nella euro (e italo) dance di quegli anni: cantante reale che non si vede mai, dietro le quinte, e uomo/donna immagine che si espone pubblicamente nelle esibizioni: non posso non ricordare Den Harrow, Milli Vanilli, Baltimora e Valerie Dore (ci arriveremo quando parleremo dei Novecento). Brava Giovanna, brava (ehm Jenny!), e gran canzone da ricordare e ballare!

POSIZIONE 14 - Novecento - I need love (1990, Italia)
Sono stato combattuto se inserire i Novecento in questa classifica o meno, ma alla fine ho ceduto, d’altronde sono fra i miei gruppi italiani preferiti di quel periodo. La loro non è proprio eurodance, è una italodance più pop che techno o house, tanto che fu coniato il termine Romantic Dance: voce sensuale, ritmo lento, synth-pop in evidenza, ma con l’aggiunta di diversi tipi di sonorità (anche jazz). La romantic dance, ricordiamo, ebbe come maggiori esponenti Gazebo, Savage (sì, proprio lui, la mente dietro i Netzwerk che ho citato in posizione 18), e i Novecento (unitamente al loro progetto collaterale più famoso, Valerie Dore). Nati nel 1984 dall’unione dei fratelli Lino, Pino e Rossana Nicolosi con la formidabile Dora Carofiglio, raggiunsero il successo con il singolo d’esordio Movin’ On, che sbancò al Festivalbar e alla trasmissione Azzurro ‘84, in cui vinsero il premio di miglior rivelazione dell’anno. Sempre in quell’anno i fratelli Nicolosi diedero vita ad un progetto parallelo, Valerie Dore, che ebbe un grande successo anche fuori dall’Italia (Germania, soprattutto). La frontwoman era la milanese Monica Stucchi; statuaria, di una sicura avvenenza, colpì gli spettatori per la presenza scenica, ma la voce, quella splendida voce, era di Dora Carofiglio. Quando la verità venne a galla, Monica Stucchi continuò in autonomia a presentarsi come Valerie Dore e cantò personalmente (aiutata da Simona Zanini dei Radiorama) l’album The Legend, che vendette discretamente bene (io adoro Lancelot, per esempio). Nel frattempo la banda dei fratelli Nicolosi firmò altri successi come Excessive Love, usata in una famosa pubblicità della Danone, The Only One, Broadway e proprio I Need Love nel 1990, tutti brani di successo ma che purtroppo non raggiunsero le vendite di quello d’esordio. Perché dunque non ho scelto Movin’ On? Per tre motivi: primo, perché fra tutte le loro canzoni, proprio I Need Love è quella che più si avvicina alle sonorità dance; secondo, perché la sentivamo spesso in tv, con la pubblicità del Dietor Mini; terzo, perché non appena la sento, subito mi torna in mente l’estate di quell’anno, probabilmente l’ultimo in cui nella rotonda dei bagni di Albissola Marina in cui andavo, funzionava a pieno ritmo il juke-box, azionato da qualcuno che doveva essere un fan sfegatato dei Novecento e che la metteva in continuazione. No, io non c’entro. Le monete da 200 lire io le buttavo nei cabinati dei videogiochi coin-op. Tornando ai Novecento, devo ammettere di aver sempre avuto una cottarella per la cantante Dora (e un pochino anche per Rossana, una delle poche vere bassiste in un gruppo italiano) e li ho seguiti con piacere anche quando si sono allontanati dal mondo pop/dance e si sono buttati sulla loro vera passione, il jazz, tanto che il loro studio di produzione a San Giuliano Milanese ha visto nascere album firmati da grandissimi come Billy Preston, Billy Cobham e Toots Thielemans - scusate se è poco. Negli ultimi anni i Novecento sono tornati a cantare in prima linea e… provate a guardare i video più recenti: per Dora il tempo sembra essersi fermato. Ha una voce se possibile ancora più sensuale, arricchita dagli anni di esperienza, e non sembra essere invecchiata di un anno. VENERAZIONE! Propongo una spedizione a San Giuliano, chi mi accompagna?

POSIZIONE 13 - Amber - Sexual (li da di) (1999, Paesi Bassi / Germania)
Questa probabilmente la conoscono in pochi, ma forse è solo una mia convinzione dettata da una percezione distorta. Non è la canzone più famosa di Amber, cantante olandese naturalizzata tedesca (vero nome: Marie-Claire Cremers), ma è quella che personalmente preferisco. Voce assolutissimamente sensuale (così come il testo volutamente allusivo), bel ritmo, con sonorità un po’ diverse ed originali rispetto ai canoni dell’eurodance. Fossi in voi, un ascoltino lo farei, potrebbe perfino quasi piacervi. Il video originale non è esattamente quello che ho messo nel link, perché in esso è stata inserita una traccia remix; la versione migliore della canzone, a mio avviso, è la “radio edit”, usata anche come prima traccia del singolo del 1999.

POSIZIONE 12 - Miss Jane - It’s a fine day [ATB Remix] (1998, Regno Unito / Italia)
Questa è stata per me una scoperta relativamente recente, perché non ho memoria di averla ascoltata negli anni ‘90. Io la scoprii nella versione ATB Remix, la radio edit da 3’05” che, fra tutte, resta la mia preferita (il video ufficiale contiene invece la versione album). La canzone originale risale al 1983, scritta dal poeta e compositore inglese Edward Barton, e cantata in versione senza strumenti dalla sua morosa Jane. Il grande successo arrivò però nel 1992, quando gli Opus III la riproposero accompagnata con strumenti synth, trasformandola in una hit internazionale. Nel 1998 venne remixata ulteriormente, portandola alla versione che conosco io. A metterci le mani furono due produttori italiani, David Carlotti e Carmine Sorrentino, che campionarono i vocalizzi originali di Jane; il remix più famoso di questa versione è quello di ATB. Oh, la canzone è semplicissima: il testo originale era più lungo, ma nelle versioni dance rimasero solo il ritornello e la strofa iniziale; struttura semplice, parole ripetute in modo martellante e ossessivo, significato estremamente minimalista (si parla di gente che apre e chiude finestre, esce di casa e, tutto sommato, pensa che sia una bella giornata). Inspiegabilmente il mix mi risulta ipnotico e… mi piace, non posso farci nulla.

POSIZIONE 11 - Snap! - The first the last Eternity (1995, Germania)
Inutile girarci attorno, gli Snap!, nella prima metà degli anni ‘90, spopolarono ovunque: The Power (1989) fu una hit praticamente mondiale, così come Rhythm is a dancer (1992). The first the last Eternity (1995) arrivò quando le vendite del gruppo tedesco, peraltro ancora attivo oggi, erano già in fase calante, eppure resta la mia preferita, vai a capire il motivo; probabilmente perché non ha parti hip hop, forse perché mi piace la parte synth iniziale, che entra nel cervello e non esce più… fatto sta  che nella mia compilation ideale, degli Snap! questa canzone ci entra di prepotenza. Il video ufficiale aveva delle belle intuizioni a livello di concept, ma dal punto di vista realizzativo era agghiacciante, come quasi tutti quelli dance dell’epoca: computer graphic pacchiana, con la cantante Summer (Paula Brown) vestita di rosso inserita in pseudo-vignette circondate dai baloons che contengono il testo della canzone.

POSIZIONE 10 - t.A.T.u. - Robot (2001, Russia)
Altra canzone non propriamente eurodance ma… orcoggiuda se mi gasa parecchio! Qui entriamo nel commerciale più dozzinale (oddio… lo è anche la eurodance, sotto molti versi), perché questo erano le t.A.T.u.: gruppo russo costruito a tavolino dai produttori, dove niente era (quasi) lasciato al caso ma tutto convergeva sull’idea di colpire gli spettatori e far parlare di sé non necessariamente per mezzo delle canzoni ma solleticandone l’interesse morboso utilizzando due ragazzine minorenni che sul palco (e nei video) si scambiavano baci & effusioni assortite. Nato nel 1999, il duo era composto Lena Katina e Julia Volkova, scovate in un coro russo tipo il nostro Coro dell’Antoniano ma con ragazzini più grandicelli, giusto per dare un’idea, attorno alle quali si era costruito un background fintissimo (come per esempio la presunta relazione saffica tra loro due, smentita più volte), musica sintetizzata, concerti più spettacolari che… musicali. Il loro primo album in russo, visto il successo, venne ricantato nel 2002 in inglese e divenne una vera hit internazionale. Seguirono un secondo album di moderato successo nel 2005, poi un The Best Of (fantastica l’idea di fare un Best Of con solo due album - tre contando quello in lingua russa - all’attivo), poi il lento declino culminato con lo scioglimento per via di divergenze inconciliabili tra le due ragazze e del tentativo di rilanciarsi in una carriera solista. Robot (titolo originale corretto in cirillico: Робот) è molto meno famosa delle canzoni internazionali, anzi è fra quelle rimaste solo in russo, ma è dance vero con ritmo martellante e ritornello furbo e micidiale; a parere mio, merita un ascolto ben più di tutto il resto della loro produzione. Spezzo comunque una lancia a favore delle t.A.T.u.: vocalmente parlando Lena e Julia spaccano, ma si sono purtroppo “vendute” ad un progetto dove la guida non è data dalla passione, bensì dal marketing nella sua accezione più spietata e spregiudicata. La storia della musica è piena di progetti simili, intendiamoci, ma l’eco ottenuta dalle t.A.T.u. nei primi anni 2000 diede sicuramente più di uno spunto di riflessione; in Italia si parlò del gruppo più per le cantanti scandalose e licenziose che per le canzoni (MAMMAMMMIA SI BACIANO SUL PALCO, ORRORE E RACCAPRICCIOOOOHH!), e quando andarono al Festivalbar ci furono polemiche a non finire; avrebbero dovuto essere presenti anche al Festival di Sanremo come ospiti, ma la partecipazione fu cancellata per timore delle proteste dei soliti moralisti bacchettoni che infestano la Tv di Stato. Tristezza infinita. Meglio mettersi le cuffie e ascoltarsele in pace, va’. Ah, ho sempre fatto parte del #Team Julia.

POSIZIONE 9 - Supercar - Tonite (1998, Italia)
Ah, l’estate del 1998! Sono certo che, chi c’era, questa se la ricorderà molto facilmente! Prima di iniziare, sfatiamo immediatamente due luoghi comuni:
1) Il titolo della canzone è Tonite, il nome del gruppo Supercar (non il contrario, come erroneamente ho pensato per anni, ma credo di non essere stato il solo.)
2) La gnocca che si vede nel video non è la cantante originale, ma una ragazza immagine presa apposta.
Tonite fu una delle canzoni più ballate in Italia in quell’anno. Italodance all’ennesima potenza, voce grandiosa della allora diciassettenne cantante Michela Fortunato, ritmo riconoscibilissimo e micro-campionamento dalla sigla Supercar Gattiger dell’omonimo cartone animato. Permettetemi una lunga digressione, ma questa canzone merita di essere raccontata partendo dalle origini, perché qui scomodiamo dei pezzi da novanta. Anno 1978: uscì al cinema Così come sei, film drammatico / erotico di Alberto Lattuada con Marcello Mastroianni e Nastassja Kinski. A comporre la colonna sonora fu chiamato Ennio Morricone - inutile dirvi chi sia. Il buon Ennio aveva bisogno di un pezzo che rispecchiasse la modernità di quegli anni e chiese aiuto ad Alessandro Centofanti, arrangiatore e tastierista, che tirò fuori Dance On, un grandioso pezzo funky con una delle intro più riconoscibili e famose della storia del cinema italiano: basso profondo, riff di chitarra e moog imperante. Ok, ho esagerato, ma per quelli della mia generazione questa frase ha un fondamento di verità. A curare i testi della colonna sonora di quel film troviamo Michael “Mike” Fraser. Per ragioni contrattuali, Dance On risulta accreditata a Morricone, ma la paternità della musica va tutta al buon Centofanti. Ascoltatela seguendo questo link. L’avete riconosciuta? Forse sì, forse no. Passo avanti, arriviamo a Carlo Verdone, amico di famiglia di Sergio Leone, che gli produsse il primo film Un Sacco Bello (1980). Indovinate chi gli curò la colonna sonora? Ennio Morricone, ovviamente. E fra i vari pezzi musicali, nella scena dell’ospedale ritroviamo Dance On, che al nostro Carlo doveva piacere molto perché lo riutilizzò anche nel film successivo, Bianco Rosso Verdone (1981), precisamente nella scena dell’autogrill (qui l'estratto dal film). In quello stesso anno, Olimpio Petrossi, produttore della RCA che si occupava del settore delle sigle, si ritrovò tra le mani un cartone animato a cui associare una sigla. L’anime era Supercar Gattiger e Olimpio chiamò alla realizzazione Alessandro Centofanti; di comune accordo, decisero di utilizzare la base composta per Dance On, trovandola adatta come sigla; Gloria Martino, (ex) moglie di Cenfofanti, ne compose il testo; alla esecuzione vennero chiamati validissimi strumentisti al soldo della RCA: Giancarlo Balestra alla voce (cantante principale dei Fratelli Balestra, che noi conosciamo soprattutto per aver cantato Daitarn III), lo stesso Centofanti alle tastiere, Dave Sumner alla chitarra e Derek Wilson alla batteria (gli ultimi due erano membri fissi dei gruppi Superobots e Rocking Horse ai quali dobbiamo splendide sigle di cartoni animati quali: Il Grande Mazinger, Candy Candy, Blue Noah, Daltanious, Babil Junior, Sampei e tante altre). Mike Fraser era l’arrangiatore principale dei Superobots / Rocking Horse: nomi che si inseguono, persone validissime che si conoscevano da una vita e che, quando potevano, collaboravano dandosi una mano l’un l’altro. Come tutti i prodotti RCA / Superobots, anche il disco Supercar Gattiger (Lato A) / Mysha (Lato B) ebbe un buon successo di vendita. 
Arriviamo al 1998. Alberto Pizzarelli e Riccardo ‘Ricky’ Pagano, musicisti e DJ salernitani in cerca di ispirazione, in uno di quei giorni passati ad ascoltare cose a caso, si ritrovarono in mano un CD masterizzato contenenti gli mp3 del Progetto Prometeo, progetto collettivo degli studenti del Politecnico di Milano (e Torino poco dopo) che si occupava di raccogliere in un archivio digitale le sigle dei cartoni animati degli ‘70 e ‘80 per preservarne la memoria ed evitare che finissero nel dimenticatoio. Quando il duo arrivò ad ascoltare Supercar Gattiger, si accorse che il suo sound poteva essere riadattato per una canzone dance moderna. Detto fatto: realizzarono una versione demo e la sottoposero alla etichetta Rise di Alex Gaudino, che la produsse con tutti i crismi e la lanciò sul mercato, dopo aver scelto Michela Fortunato come voce principale. Il successo fu talmente rapido ed inaspettato che, in fretta e furia, venne dato il via alla produzione del video ufficiale, necessario per ampliare la visibilità della canzone su emittenti come Mtv. La produzione fu affidata alla casa di produzione inglese Zomba Record. La cantante Michela ai tempi era ancora minorenne e i genitori non vollero che comparisse nel video; per questo fu chiamata a recitare una ragazza immagine, che in tanti a quei tempi - io compreso - scambiarono per la cantante ufficiale. Il video, non me ne vogliano i committenti, fu una pacchianata colossale, con tanti rimandi ai nerd e videogamer dell’epoca, ma la produzione fu oggettivamente povera ed ingenua, se vogliamo. Ma raggiunse lo scopo: venne mandato in onda ovunque, si parla di 50 paesi nel mondo, contribuendo al successo commerciale di una delle mie canzoni dance preferite.
Gira voce che nel cassetto di Ricky e Alberto ci siano altre registrazioni di prova di Tonite eseguite da Jenny B. (Bersola), che abbiamo incontrato con Corona e Rhythm of the night.
Che fine hanno fatti tutti questi nomi, oggi?
Alessandro Centofanti ci ha purtroppo lasciati nel 2014.
Mike Fraser è tornato nella natia Inghilterra, fino a pochi anni fa ha partecipato come tastierista ed arrangiatore a qualche concerto / reunion dei Superobots in occasioni importanti come il Lucca Comics & Games. Dave Sumner tuttora è il chitarrista ufficiale dei Superobots / Rocking Horse e accompagna il leader Douglas Meakin nei concerti che ancora tengono in zona romana.
Morricone… non aggiungo altro.
Ricky Pagano oggi è sistemista Unix e ambienti open; di Alberto Pizzarelli ne ho perso le tracce. Il duo fondò Alpha Studio a Pontecagnano (Salerno), del quale ho scovato alcune produzioni recenti su Sound Cloud, risalenti al 2016, altre attività non ne ho purtroppo trovate - felice di essere smentito!
Michela Fortunato si è trasferita in Francia e canta ancora, sul suo canale Youtube ci sono tutte le sue interpretazioni. La ragazza ancora oggi ricorda con piacere la sua partecipazione al progetto Supercar e sul suo canale ha caricato un video d’epoca con l’esibizione di Tonite al Future Show di Bologna.
Considerazione finale: cosa ha insegnato questa piccola storia? Non importa in quale anno ti trovi; se hai bisogno di rendere moderno un tuo pezzo, il funk è un’ottima scelta!

POSIZIONE 8 - Digital Rockers - Because I love you (2002, Germania)
La dance è morta, lunga vita alla dance! Correva l’anno 2002, era appena uscito Hit Mania Dance 2002, e molti ritenevano, probabilmente non a torto, che la dance fosse morta e sepolta già da tempo. Le vendite erano calate drasticamente da qualche anno e, complice una generale mancanza di innovazione, non ci furono molte produzioni di reale successo commerciale. Ma in quel CD, trovato in offerta nei cestoni del supermercato, tra una terribile Geordie di Gabry Ponte ed una orecchiabile Emotion di DJ Ross, mi imbattei in Because I love you. Ecco, per me questa canzone è l’epitaffio della eurodance anni novanta: dopo di lei, il nulla o poco più. Because I Love You (The Postman Song), scritta da Warren Allen Brooks ed eseguita da Stevie B, era una ballata pop e rock & blues che nel 1990 arrivò prima nelle classifiche americane. Nel tempo fu riproposta e coverizzata in molti modi, fino ad arrivare nel 2002 alla versione eurodance. L’artefice fu il DJ tedesco Marko Albrecht, meglio noto come Mark ’Oh il quale, insieme a Simon Frenzel, diede vita ai Digital Rockers. Anzi, a dirla tutto il nome del gruppo completo è Mark ‘Oh meets Digital Rockers. No, troppo lungo, teniamoci buona la versione abbreviata ufficiosa. Il pezzo è abbastanza canonico, la strumentazione è riconoscibilissima ma c’è qualche sample più originale rispetto a quelli abusati dai DJ del periodo. Non c’è nulla da fare, a me piace moltissimo il piano sintetizzato e buttato a forza in un contesto dance: qui ha funzionato alla grande. Il ritornello è ovviamente martellante il giusto, ma è proprio l’atmosfera generale della canzone a colpire particolarmente. Il video non è nulla di speciale, solite immagini in discoteca con gnocca bionda teutonica che colpisce il duo Mark ‘Oh e Simon… e poco altro: qui è sufficiente la canzone per iniziare a ballare.

POSIZIONE 7 - David Guetta Feat. Sam Martin - Dangerous (2014, Francia)
Anche in questo caso, ci ho pensato a lungo prima di decidere di inserire in classifica Dangerous; ammetto che è una bella forzatura, poi mi son detto: la classifica è mia e decido io, anche le eccezioni alle regole che ho enunciato in apertura. Composta dal DJ francese David Guetta, Dangerous è cantata dall’americano Sam Martin; è la seconda collaborazione del duo, preceduta dall’altrettanto valida Lovers on the Sun (2014). È un pezzo dance pop con tocchi funky house; di eurodance ha poco, tranne qualche campionamento che Guetta è solito inserire nei suoi pezzi - e tanto mi basta per inserirla in una buona posizione nella mia classifica personale. Il video esiste in due versioni, una estesa da 7 minuti con intro parlata che racconta della rivalità tra James Hunt e Niki Lauda, e la radio edit da 3’21”, che è quella presente nel link. Nel video vediamo gnocche a profusione a fare da contorno alla battaglia tra Guetta e James Purefoy nella pista di Jerez, che se le danno di santa ragione prima della fine della gara, ovviamente vinta dal francese. Guest star è il pilota Romain Grosjean, nel 2014 ancora considerato una promessa della Formula 1, oggi più che mai candidato al titolo poco onorevole di pilota disastroso e poco continuo. Lasciatemi dire che, rispetto ad altre produzioni del DJ francese, il valore aggiunto in Dangerous è dato dalla voce potente di Sam Martin: dategli una prova, anche se dubito che non la conosciate.

POSIZIONE 6 - Aqua - Lollipop (Candyman) (1997, Danimarca)
Poteva mancare la Danimarca, tra le nazioni in cui l’eurodance andava forte? Ovviamente no, e il merito è tutto degli Aqua, gruppo che nell’arco di pochi anni spopolò in tutta Europa prima di cadere nell’oblio nonostante le varie reunion che continuano tuttora. La forza degli Aqua nasce dalla contrapposizione tra la voce acuta di Lene Nystrøm (la cantante era l’unica norvegese; ammetto di aver avuto un debole per lei, ai tempi) e quella roca di René Dif, che con il suo quasi-rap si alterna alle parti più melodiche delle canzoni. Il fenomeno degli Aqua fu breve ma intenso: Aquarium, l’album di esordio, fece il botto ovunque e la loro Barbie Girl, primo singolo, irruppe sulla scena in modo prepotente e vigoroso. Quella degli Aqua non è dance vera e propria, ma più una commistione di generi. Il gruppo danese è tra i più famosi del genere bubblegum dance, nato proprio nella Scandinavia e diventato famoso prima in Europa, poi - strano a dirsi! - in Giappone. Dice Wikipedia: Nei brani bubblegum dance, solitamente, una voce femminile canta il ritornello con tono acuto e spesso alzato digitalmente, mentre una voce maschile interpreta una parte rap nella strofa con tono basso, ma che si mantiene comunque scherzoso. L'impressione è che questa musica sia rivolta principalmente ai bambini, essendo definita allegra, divertente, stupidotta e infantile. Tuttavia non è sempre così: è abitudine per gli artisti usare queste caratteristiche, mescolate a testi talvolta a sfondo sessuale, per aumentare l'attrazione da parte del pubblico adulto.
Con gli Aqua ci siamo in pieno, basta vederne i video per capirlo: allusioni ovunque, immagine da cartoon, tono gioviale e divertente, allegria come se grandinasse, sia nei testi, sia nelle espressioni dei cantanti. Lollipop (Candyman), di gran lunga il mio pezzo preferito degli Aqua, è fra tutti i brani di Aquarium il più dance e meno pop. Il video è volutamente trash - come tutti, del resto - e ha un’ambientazione fantascientifica dove vediamo membri dell’equipaggio pasticcioni, alieni ridicoli e un piccolo robot che sistemerà i disastri combinati dagli altri. Ma quanto era gnocca Lene con quelle parrucche atroci? Cioè, ma quanto era gnocca Lene?

POSIZIONE 5 - Alcazar - Crying at the discoteque (2000, Svezia)
Dalla Svezia con furore, arrivano gli Alcazar. Siamo nel 2000, il declino dell’eurodance è inarrestabile, ma ogni tanto qualche perla ancora salta fuori… e Crying at the discoteque è uno di quei casi. Non ricordo di averla incrociata “in diretta” - l’ho riscoperta molto dopo - ma oggi è senz’altro una delle mie preferite, d’altronde la posizione 5 su 20 è un posto di degno rispetto. Ha un sound che richiama prepotentemente la disco anni ‘70, ed è questo il motivo per cui lo apprezzo così tanto. Indagando più a fondo ho scoperto una cosa che per molti di voi è sicuramente ovvia, ma non per me: la versione degli Alcazar è un remix pesantissimo di Spacer, canzone disco del 1979 ad opera del gruppo francese Sheila & Black Devotion. Ecco svelato l’arcano, provate ad ascoltarla seguendo questo link! Di originalità, in Crying at the discoteque, ce n’è poca e quello che mi piace si trova quasi tutto in Spacer. Ovviamente nell’insieme è venuta fuori una gran bella canzone, accompagnata da un video che definire delirante è ancora poco. In un continuo gioco dei rimandi, il trio composto da Andreas Lundstedt, Tess Merkel e Annika Kjærgaard sta girando un video musicale indossando una tuta spaziale, proprio come nel video di Sheila; intorno a loro i membri della troupe, conciati in malo modo da cavalli e animali strani, fanno delle coreografie sempre più assurde, tanto che il set diventa ingestibile. Una bella monnezza, lasciatemelo dire, ma almeno non c’è la solita agghiacciante CGI di quegli anni, che oggi, più che mai, risulta invecchiata molto male. Gli Alcazar hanno venduto milioni di dischi nel mondo, quasi tutti con l’album d’esordio ma oggi sono ancora attivi, seppur con qualche rimaneggiamento e cambio di formazione.

POSIZIONE 4 - Guru Josh - Infinity (1989, Regno Unito)
Altra canzone non propriamente eurodance, ed è solo questo il motivo per cui sfiora il podio senza raggiungerlo nonostante sia una delle mie preferite in assoluto; per completezza di informazione, fa schifo a La Moglie - ma proprio di brutto brutto brutto - e siamo nel regno della disco / acid house. Siamo alla fine del 1989, l’inglese Paul Walden, noto come Guru Josh, pubblica il singolo d’esordio Infinity con il quale inonda i rave party inglesi grazie alla melodia che trapana il cervello in modo ossessivo. Sentii Infinity per la prima volta in radio, senza saperne né il titolo né l’autore; per pura fortuna la registrai su musicassetta, che consumai per diversi anni, facendomi da solo dei mix e montaggi grazie allo stereo con doppia piastra magnetica. Poi la sentii nuovamente in tv intorno a metà anni ‘90, sempre senza riuscire a scoprire cosa fosse; era una specie di pubblicità di attrezzature per palestre. Sopita nella mia memoria per diversi anni, la ritrovai quasi casualmente quanto scovai le digitalizzazioni che feci di quella prima cassetta; prontamente ne pubblicai un breve pezzo su Facebook (non c’erano ancora le app di riconoscimento musicale!) chiedendo agli amici: “Chi la riconosce? Chi mi sa dare il titolo?” Pochissimo tempo dopo, mi ritrovai la canzone completa nella posta. Grazie Matteo “Senbei”, io non dimentico! La Moglie, invece, ne avrebbe fatto volentieri a meno, perché da allora ho iniziato a massacrarle le orecchie con la canzone riprodotta in loop, per l’appunto, infinito. Il sax campionato, distintivo marchio di fabbrica del pezzo, quando parte supera le cuffie, gli altoparlanti, le porte, le pareti e raggiunge ogni angolo della casa. Se io ascolto Infinity, tutti devono saperlo. Soprattutto La Moglie, non so se mi sono spiegato.
Nel 2008 Paul, insieme ad altri DJ britannici e tedeschi, diede vita al gruppo Guru Josh Project e pubblicò un remix noto come Infinity 2008, cantato da DJ Klaas, ottenendo un insperato successo di vendite, di molto superiore al debutto. Il video, ovviamente senza il minimo senso, ritraeva una patonza che rimaneva in lingerie mentre prendeva a martellate un televisore (vi risparmio la fatica: Janina Wissler. Non ringraziatemi). Tutto molto bello e denso di significato. Nel 2012 dei DJ svizzeri fecero un remix del remix, chiamato - indovinate un po’? - Infinity 2012, ottenendo tantissime visualizzazioni su YouTube, anche se io sospetto sia stato più per merito delle modelle (due, questa volta) che della canzone, la versione più debole fra quelle del lotto.
Paul Weldon ci ha lasciati nel 2015, trovato privo di vita mentre era ad Ibiza, probabilmente suicida a causa della depressione e della dipendenza da alcool e droghe. Ciao Paul, 1990’s time for the Guru…

POSIZIONE 3 - 2 Unlimited - No Limit (1993, Paesi Bassi)
Ed eccoci al gradino più basso del podio, ed iniziamo subito con uno dei maggiori successi del 1993, forse la canzone europea che più ha venduto in assoluto quell’anno, totalizzando 2.8 milioni di vendite e arrivando prima in Olanda, Francia, Austria, Italia, Svezia e diversi altri paesi europei. No Limit, singolo del duo olandese 2 Unlimited, è un pezzo decisamente techno, adatto ai rave party, ed è una delle canzoni eurodance più conosciute e famose. Il gruppo, nato nel 1991 ad Amsterdam dalla mente di due produttori belgi (Jean-Paul De Coster e Phil Wilde), è composto dalla splendida Anita Doth e dal tamarro rapper Raymond “Ray” Slijngaard. Dopo un album d’esordio che ebbe vendite basse ma incoraggianti in Olanda, irruppero sulla scena con l’album No Limits (viva l’originalità), che conteneva singoli di successo come appunto No Limit, Tribal Dance, Let the beat control your body e tante altre. Durante i primi cinque anni di attività, il gruppo vendette qualcosa come 18 milioni di dischi in tutto il mondo: successo dovuto ad un letale mix di musica orecchiabile ed ossessiva, ritornelli micidiali, presenza scenica del duo Anita - Ray, e furbizia dei produttori, abili a cavalcare l’onda eurodance che si abbatté su mezza Europa. Il video di No Limit risente del bassissimo budget, ma divenne a modo suo iconico: Anita e Ray ballano e cantano all’interno di un enorme flipper acceso di luci pacchiane ed improbabili. Personalmente, conobbi questa canzone in modo un po’ strano; in quegli anni, ascoltavo molto la musica elettronica campionata, in particolare i mod generati su Amiga tramite ProTracker o da PC con FastTracker, i più famosi sequencer che permisero a tutti di improvvisarsi compositori. Nei vari archivi di mod che passarono sulla mia scrivania di liceale, ci fu ovviamente anche il remix su mod a 4 canali di No Limit, che ascoltai ininterrottamente a lungo senza nemmeno sapere da dove venisse il campionamento originale. Poi vidi Anita su MTV, e il resto è storia. (cuoricino)

POSIZIONE 2 - 2 Brothers on the 4th Floor - Never Alone (1993, Paesi Bassi)
Seconda posizione, e non ci spostiamo dall’Olanda! Esattamente come i 2 Unlimited, i 2 Brothers of the 4th Floor nascono dalla mente di due producer olandesi, i fratelli Martin e Bobby Boer mentre a cantare e ballare sul palco c’erano la strepitosa Des’ray (Desiree Manders) e il rapper D-Rock (René Phillips), replicando la stessa formula di successo che tanto stava andando in voga: voce femminile acuta, potente e penetrante, voce maschile che si esibisce in tristi, pirotecnici, talvolta inutili pezzi rap. In realtà il gruppo era nato nel 1990, ma in una formula che non funzionò; con l’arrivo di Des’Ray e D-Rock nel 1994, il gruppo svoltò con la pubblicazione di Never Alone e, soprattutto, Dreams, che raggiunse il primo posto in diverse nazioni europee. Nel video di Never Alone, in un suggestivo ed inutilmente evocativo bianco e nero, vediamo il duo cantare su una spiaggia messicana. Anche questo setting, come molti visti finora, non ha il minimo senso, se non quello di farci vedere Des’Ray in costume da bagno. Non frequentando le discoteche (non so se l’ho già detto, probabilmente sì - ma ripeterlo non guasta), ho scoperto questa canzone in ritardo, esattamente un paio d’anni dopo, quando la intercettai sulle frequenze di Radio Monte Stella di Milano, una delle poche che non interrompeva le canzoni e non sovrapponeva la voce di fastidiosissimi speaker sulle tracce audio. Perché ho scelto Never Alone e non Dreams? Al di là del fattore nostalgia, penso semplicemente per via del ritornello, che apprezzo decisamente di più, meno costruito, più immediato e ballabile, come deve essere una canzone eurodance come si deve. Una nota di colore: i fratelli Boer hanno candidamente ammesso di essersi ispirati tantissimo al sound degli Snap! che, a detta loro, hanno dettato le regole dell’eurodance con Rhythm is a dancer. Come dargli torto? Oggi Des’Ray e D-Rock, dopo aver intrapreso le carriere soliste senza grande successo, continuano a cantare i maggiori successi nei vari party e concerti revival degli anni ‘90, soprattutto in Olanda e Germania. E io lo so perché ho il like sulla pagina Facebook di Des’Ray! Ecco.

POSIZIONE 1 - Haddaway - What is love (1993, Germania)
Sì, guardate pure l’anno delle prime tre posizioni: il 1993 DOMINA, ed è indiscutibilmente l’anno in cui l’eurodance è al massimo del suo potenziale e successo. Ma fra tutte le canzoni, ce n’è una che raccoglie in sé la quintessenza dell’eurodance, diventandone la massima espressione stilistica, coniugata ad un successo senza precedenti (28 milioni di singoli venduti in tutto il mondo). Non ho paura di essere smentito, What is love di Haddaway È L’EURODANCE, è tutto quello che una canzone di questo tipo deve essere. Niente rap inutile, ma con voci femminili gospel a fare da coro, voce maschile potente e piacevole, ritmo originale e avvolgente, parole semplici e testo per nulla complicato (a parte forse il trovare una risposta alla domanda: ma nemmeno Haddaway sa cosa sia l’amore davvero). Oh, non sto dicendo che What is love sia la migliore canzone del secolo o del decennio: sto dicendo che come dance non ha rivali, circoscritta ad un genere ben preciso che i puristi del rock e del metal schifano sdegnosamente. Ecco, io vi dico: NON CI STO. L’eurodance ha una sua dignità, è nata con un solo scopo, evadere e divertire, senza avere la pretesa di scrivere tracce da inserire nella storia della musica mondiale. Eppoi, incredibile a dirsi, What is love l’ho davvero ballata in discoteca, nell’unica volta in vita mia in cui ci sono andato (o di cui ho memoria, il che è quasi uguale), è una canzone che fa parte indelebilmente della colonna sonora della mia estate 1993, insieme agli Ace of Base (All that she wants), Sting (If I ever lose my faith in you), gli 883 (Sei un mito e Come mai), 2 Unlimited (Tribal Dance) e tante, tante altre. Se non l’avete capito, questo è il Festivalbar 1993, uno dei miei preferiti di sempre. Se per una volta devo citare la frase di Giovanni: “Basta, troppi ricordi” con sguardo a metà tra il malinconico e la dolce tristezza, lo faccio in questo contesto. Il video di What is love, inoltre, è uno dei migliori del lotto, probabilmente per merito di un budget appena appena superiore agli altri; Haddaway si trova in un castello gotico e canta le note della canzone avvolto da un’atmosfera alla Dracula e circondato da due ballerine gnocche, la classica bionda e la classica mora. Qui ho linkato la versione con la Radio Edit, perché ne esiste una Extended version che, però, non mi fa impazzire. La produzione è tedesca nel midollo, anche se Haddaway, nome completo Alexander Nestor Haddaway, viene da Trinidad e Tobago.
What is love è una di quelle canzoni eurodance che è riuscita a spopolare anche negli Stati Uniti; avvenne qualche anno dopo, nel 1997, grazie a due fattori: il film A Night at the Roxbury, con Will Ferrell e Chris Kattan, che la conteneva; e uno degli sketch più esilaranti di sempre del Saturday Night Live (seguite questo link per vederlo) sempre con il duo precedente, insieme a Jim Carrey che li surclassa grazie alla sua mimica facciale. Ogni volta che vedo questo video mi sganascio dalle risate, non posso proprio farci nulla.

TRACCE EXTRA

POSIZIONE 10 - 2 Unlimited - Twilight Zone (1992, Paesi Bassi)
I 2 Unlimited e i 2 Brothers on the 4th Floor sono gli unici due gruppi a comparire ben tre volte nel totale della Top 20 + Tracce Extra. E mi sono pure dovuto contenere. Twilight Zone arrivò prima del loro più grande successo commerciale, ma conteneva già tutti i tratti distintivi del gruppo. Musica tamarra a palla, atteggiamenti e pose da consumati teppisti delle piste, Anita e Ray danno vita ad un pezzo che è già un cult, complice anche la fama ottenuta grazie al film Mortal Kombat, il cui tema principale è una canzone che ha preso… tanta ispirazione dalla versione del nostro duo.

POSIZIONE 9 - 2 Brothers on the 4th Floor - Living in Cyberspace (1999, Paesi Bassi)
Classico nella struttura e nella composizione, Living in Cyberspace arriva fuori tempo massimo - è stato uno degli ultimi successi dei 2 Brothers Etc Etc, ma ha quel sound elettronico che tutti usavano negli anni ‘90 per indicare qualcosa di informatico / cyberpunk / fantascientifico. Ai quei tempi, il fastidiosissimo trillo del modem era il suono della modernità, anzi del futuro… buffo pensare come oggi sia del tutto sorpassato (e, aggiungo, per fortuna!). 

POSIZIONE 8 - Haddaway - Life (1993, Germania)
Haddaway è Haddaway, non si discute. Purtroppo possiamo catalogarlo come “Meteora”, perché già il singolo successivo, Life, non ha avuto il successo di What is love - ed è effettivamente inferiore, ha molto meno mordente, ma resta superiore a molte altre canzoni eurodance del periodo successivo, e quindi nella mia sezione Extra ci entra di diritto.
POSIZIONE 7 - Guru Josh Project - Infinity 2008 (2008, Regno Unito)
Ho già praticamente detto tutto nella sezione Infinity - Posizione 4 della Top 20, evito di aggiungere altro. L’unica nota che mi viene da dire è che forse, qui in Italia, la versione Infinity 2008 ha avuto più successo dell’originale… ma forse è stato per via della vicinanza temporale e di come la fruibilità e la percezione della musica è cambiata in trent’anni.

Questa è la canzone che mi ha fatto scoprire David Guetta, quindi ce la infilo di brutto. Mi piace musicalmente (l’ho già detto che adoro il suono del piano sintetizzato buttato in un contesto dance / pop?), ma gran parte del merito va alla voce di Kelly Rowland (ex membro delle Destiny’s Child di Beyoncé), davvero magistrale nell’interpretazione. Grande prova!





POSIZIONE 5 - Amber - This is your night (1996, Paesi Bassi / Germania)
This is your night è il più grande successo di Amber, rilanciato grazie al film A Night at the Roxbury, lo stesso che ha dato un gran boost a What is love negli Stati Uniti. La cosa non dovrebbe meravigliarci: nella colonna sonora sono state inserite diverse canzoni eurodance che hanno compiuto il grande salto oltreoceano. Il film, stroncato dalla critica (fa abbastanza pietà, in effetti), ebbe un discreto riscontro al botteghino e diede nuovo impulso a canzoni come Disco Inferno (nella cover di Cyndi Lauper), Be My Lover (La Bouche, una delle assenze eccellenti della mia Top 20) e Beautiful Life (Ace of Base).

POSIZIONE 4 - Novecento - Movin’ On (1984, Italia)
Anche qui, ho praticamente già detto tutto sui Novecento, band milanese che adoro tantissimo. Potrei mettere tante loro canzoni in classifica, ma il sound più compassato e meno danzereccio non me le fa catalogare come eurodance a tutti gli effetti. I Novecento sono più raffinati e meno dozzinali, passatemi il termine. Movin’ On fu un grandissimo successo nel 1984 e “obbligò” il gruppo a non deviare troppo da quel genere, anche se loro stessi avrebbero preferito qualcos’altro, come poi hanno fatto a partire dalla fine degli anni novanta, una volta esaurita la spinta commerciale della dance.

POSIZIONE 3 - Snap! - Rhythm is a dancer (1992, Germania)
Rhythm is a dancer ha scritto i canoni della eurodance anni novanta: non lo dico io, ma i fratelli Boer (quelli dei 2 Brothers Etc Etc) e, scusate, di loro mi fido. La combo band - canzone - video è perfetta, tutto è studiato a tavolino per rendere il pacchetto il più sborone ed esagerato possibile. Summer in forma strepitosa, sample a tutto andare, ritmo che non si ferma mai. Cosa chiedere di più ad un classico del genere?

POSIZIONE 2 - 2 Unlimited - Never Surrender (1998, Paesi Bassi)
I 2 Unlimited, per antonomasia, sono Anita e Ray; né io né i fan accettiamo i cambi di formazione che ci sono stati nel tempo (per dire, ancora oggi i 2U si esibiscono, ma dal 2016 Anita è stata sostituita da Kim Vergouwen - e non è la stessa cosa, per nulla). Verso la fine degli anni ‘90 ci fu però un cambio radicale: Anita e Ray lasciarono entrambi il gruppo perché i produttori si rifiutarono di garantire loro una percentuale sugli enormi incassi che stavano arrivando; De Coster e Wilde sperarono pertanto di continuare il successo facendo leva sul brand 2U, chiamarono due cantanti olandesi, Romy van Oojen e Marjon van Iwaarden, e perpararono il rilancio del gruppo. Purtroppo le cose non andarono come sperato, anzi il tentativo fu un flop clamoroso perché non accettato dal pubblico, affezionato alla coppia originale. Fra tutte le canzoni proposte in quel breve lasso di tempo, ce n’è una che spicca e spacca alla grande. Parlo chiaramente di Never Surrender, dove la potenza della voce di Marjon viene messa bene in risalto, mentre la biondina si limita a sussurrare; detto fra noi, potremmo definire Romy la Repetto dei 2U. Never Surrender vendicchiò qualcosina, così come la ballata Where are you know?, poi l’oblio e, infine, il ritorno di Anita e Ray.

POSIZIONE 1 - 2 Brothers on the 4th Floor - Heaven is here (1999, Paesi Bassi)
Heaven is here, in realtà, è come minimo nella mia Top 5; ma essendomi imposto la regola di una sola canzone per gruppo / cantante, ho dovuto sacrificarla per dare spazio a Never Alone. C’è un motivo per cui Heaven is here mi piace parecchio: manca l’odiosissima parte rappata, è tutta cantata - anzi, urlata - dall’inizio alla fine con la potente voce di Des’Ray che, va detto, ci dà dentro di brutto. Il video, abbastanza ridicolo perché D-Rock c’è e ha una specie di copricapo che sembra un profilattico azzurrino, è pure carino e racconta una storia delirante pseudo-fantascientifica in cui il duo gestisce una sorta di postazione futuristica che fa da rampa di lancio verso il paradiso; saranno le azioni delle persone compiute in vita e, soprattutto, il buon cuore di Des’Ray a stabilire se qualcuno sia meritevole di varcarne la soglia. Anche qui, tutto molto bello e denso di significato… ma a noi l’eurodance piace proprio così: disimpegnata, senza pretese, che non richieda un’elevata soglia di attenzione, che faccia divertire. E Heaven is here ci riesce in pieno. Se l’ascolto in macchina, abbasso il finestrino affinché tutti ne godano l’unz unz, anche a -4° sottozero.

CONCLUSIONI
Non ho idea delle reazioni suscitate in chi leggerà questo piccolo viaggio nel mondo degli anni ‘90, ma posso provare ad ipotizzare che si dividano in tre gruppi: disgustorama totale, indifferenza che uccide, apprezzamento danzereccio (dal moderato all’esaltato più bieco). Se siete del primo gruppo, dubito siate arrivati a leggere fino a questo punto, a meno che non siate degli autolesionisti; se appartenete al secondo gruppo, potrei darvi dei pirla per aver sprecato il vostro tempo inutilmente - tanto so che non reagireste; se, infine fate parte del terzo gruppo, significa che almeno un po’ apprezzate questa musica: probabilmente non sarete d’accordo con la classifica, o sarete indinnnnniatihhh per la mancanza della vostra canzone dance preferita, oppure ancora - incredibilmente - condividerete parte di quello che ho scritto. Io spero vi sia piaciuto e vi invito, nel caso, a correggermi se ho scritto inesattezze, o a condividere la vostra Top 10 (o 20), sono sempre pronto ad ampliare la compilation da far ascoltare a tutto il vicinato.
Tranquilli, poi ritorno ai miei Joe Cocker, Van Halen, BostonBee Gees, REO Speedwagon, Metallica, Meat Loaf e compagnia bella.
Buon tunza tunza a tutti!
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