It came from the desert | ||
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Voto Imdb: 4,3 | ||
Titolo Originale: | It came from the desert | |
Anno: | 2017 | |
Genere: | Fantascienza, Horror, Commedia | |
Nazione: | Finlandia, Regno Unito, Canada | |
Regista: | Marko Makilaakso | |
Cast: | Harry Lister Smith, Alex Mills, Vanessa Grasse |
Ah, che ricordi... |
Fine anni '80, primi anni '90. Già ai tempi ero un geek nonché videogamer incallito: ero da poco passato dal glorioso Vic-20 (l'antenato del Commodore 64) direttamente all'Atari Lynx, una delle migliori console portatili mai concepite, tristemente fallita a causa di una serie di macroscopici errori strategici e produttivi della Atari, soccombendo sotto i colpi del vincente Gameboy della Nintendo. Quando, nel 1990, mi arrivò il primo PC, un 286 con grafica VGA a 256 colori, percepii di aver compiuto un enorme balzo in avanti, arrivarono già i primi giochi con grafica decente, in grado di superare gli orridi 4 colori in CGA e gli altrettanto vetusti 16 colori della EGA. Ma non mi sentivo del tutto soddisfatto, c'era ancora qualcosa che suscitava la mia malcelata invidia, ed era l'Amiga 500, una perfetta macchina da gioco per la quale diverse software house avevano sfornato dei capolavori in grado di competere grandiosamente con il PC MS-DOS almeno fino al 1994, anno del fallimento della Commodore. Ah, che tempi! Chi c'era, ricorderà senz'altro i nomi di sviluppatori e publisher che misero in commercio delle vere e proprie pietre miliari; i primi nomi che mi vengono in mente sono Bitmap Brothers (Gods e Speedball 2 - Brutal Deluxe: uno dei miei giochi preferiti di sempre), Sensible Software (Cannon Fodder e Sensible World of Soccer), Psygnosis (Shadow of the Beast), Team 17 (Alien Breed e la saga di Worms), Bullfrog (Populous, e Syndicate), D.I.C.E. (Pinball Dreams e Pinball Fantasies, i migliori flipper della storia videoludica) e... fermi tutti! Potrei andare avanti ancora per molto, questa è solo una sfilza parzialissima e ho lasciato per ultima quella che, secondo me, è la software house che più di altre ha legato indissolubilmente il proprio nome al computer di casa Commodore. Facciamo un mezzo passo indietro: ricordo che a quei tempi, sul mio PC, c'era un gioco che adoravo nonostante fosse in soli 4 miseri colori, ed era Defender of the Crown, uno strategico ambientato nel mondo nell'Inghilterra medievale, epoca di crociate e impavidi cavalieri. Quando, a casa di un compagno di classe del liceo, ebbi la ventura di assistere allo stesso gioco in versione Amiga, ricordo che smascellai rimanendo inebetito di fronte alla grafica e al gameplay, decisamente superiori alla conversione su MS-DOS in mio possesso. Mi segnai il nome della software house e mi ripromisi di seguirla con più attenzione, più che altro sbavando sulle pagine di The Games Machine, rivista che già ai tempi acquistavo in edicola e che resiste tuttora come una delle più longeve di sempre nel settore.
It came from the desert - versione Amiga |
"Sì, OK, bravo, ecco il tuo solito panegirico per dimostrare quanto sei figo e saccente, bene, bravo, bis, mi dici dove vuoi arrivare con questo inutile esercizio di stile di questa grandissima minchia?", mi dirà il più irritante tra voi.
A vedere questa immagine, il film sembra pure figo... |
Beh, eccovi accontentanti e... niente, avrei preferito rimanesse solo un'idea nella mente del regista finlandese, Marko Makilaakso, classe 1978, perfetto esempio di essere umano della mia generazione che un giorno si sveglia ruttando e decide di fare un tributo ad uno dei miti della sua (nostra) infanzia.
Ora faccio io una domanda: "Perché? Cazzo, perché?"
Narra la leggenda che questo Marko, appassionato di motocross (ma anche di retrogaming, il fenomeno di riscoperta dei giochi appartenuti a sistemi operativi morti e sepolti da anni), volesse fare un film sulle motociclette e che avesse chiesto il permesso alla Cinemaware (risorta dalle ceneri negli anni 2000, oggi in mano alla svedese Starbreeze, che ne detiene i diritti sul nome e sulle licenze di tutti giochi) di pubblicare qualche sequenza del gioco It came from the desert. La risposta fu un qualcosa del tipo: "Ma perché non ci fai un film, invece di citarlo soltanto?"
Detto fatto, Marko ha riscritto la trama, ha trovato i fondi e purtroppo nel 2017 ha iniziato a girare una fetecchia immonda che difficilmente rimarrà negli annali, come invece è successo al glorioso capostipite.
L'intrepido trio all'erta e pieno di brio... Sulla sinistra, citato Grottango. |
Un beneamato cazzo di niente!
Cosa non funziona?
Tutto!
Conclusioni!
Non perdete il vostro tempo, piuttosto giocate all'omonimo videogame tramite emulatori (o tramite vero Amiga 500, se siete tuttora dei fortunati possessori).
Che palle, ve la ricordate la maestra che vi diceva frasi tipo questa? "Argomentate, non scrivete inutili giudizi lapidari fini a sé stessi!"
La formica regina: beh, dai, orripilante il giusto... |
Brian, perché l'hai fatto? Perché? |
La colonna sonora, innanzitutto, un funzionale mix di synth pseudo-anni-'80 e di spruzzate di hair-metal nordeuropeo. Nulla di epico, intendiamoci, ma gradevole e funzionalissimo. Aggiungiamo i grossolani effetti speciali: non posso non premiare il regista per il risultato ottenuto; il budget del film è stato molto più basso di un qualunque Sharknado, eppure visivamente non raggiunge la rara e voluta bruttezza ottenuta dal film Asylum. Le formiche giganti sono ben rese, la regina è pure disgustosa a modo suo, e le formiche soldato, quando bevono la birra, ruttano genuinamente e sonoramente. Le immagini sono illuminate con la giusta patina, niente smarmellamenti "alla Duccio e Renè Ferretti", tutto quello che si vede è nitido e ben mostrato. E, alla fine, quello che funziona è l'atmosfera generale, è quel voler essere in un colpo solo un po' trash, un po' ammiccante, un po' Anni '50 e '80 insieme. Ho percepito l'omaggio del regista come sincero e non artefatto, e questa cosa ve l'ho detta più volte, per me è un valore aggiunto.
Reali conclusioni
Però le buone intenzioni del regista non bastano: It came from the desert è una visione fondamentalmente inutile, stanca, superficiale, lontana da come, secondo me, dovrebbe essere fatto un omaggio nostalgico agli Anni '80 (e '90), quello che era perfettamente riuscito con Turbo Kid (2015, qui da me recensito), giusto per fare un confronto con un altro film indipendente a basso budget. Oggi non basta dire "Dammi un po' di zucchero, baby" per far ridere. L'han detto tutti, dal 1993. E non bastano nemmeno i meta-dialoghi autoironici in cui i protagonisti a più riprese affermano di "non essere in un film dell'orrore", facendo finta talvolta di abbattere la quarta parete: è un giochino già visto più volte.
Il problema più grosso è infine il seguente: il film ha clamorosamente mancato il target di riferimento. Troppo superficiale per poter davvero essere gustato dai geek come me, troppo autoreferenziale per poter essere apprezzato dai più giovani. Il destinatario più probabile resta giusto chi giocò al videogame iniziale; ma in quel caso, l'esperienza migliore resta quella videoludica, e non è certo sufficiente che i titoli di coda, peraltro molto indovinati, mostrino in timelapse accelerato l'intera sequenza di gioco della versione Amiga. Senza troppi indugi, vi rimando al pagellone finale per ulteriori considerazioni.
Il Pagellone! | |||
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Così è deciso! | |||
Trama: | 3
Inutile, scritta male, priva di sorprese, con dialoghi irritanti e poco ispirati. Non c'è niente che si salvi.
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Musiche:
| 7
Il mix synth e hair-metal funziona, la colonna sonora è a mio avviso uno dei punti di maggior pregio del film.
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Regia: | 6
I problemi del film sono per me più di scrittura che di regia che, anzi, si difende bene nonostante il risicatissimo budget.
| Ritmo: | 6,5
Se c'è una cosa che non manca, è proprio il ritmo: vuoi per le sequenze di motocross, anche se slegate rispetto alla trama principale, vuoi per le scene di combattimento con le formiche. A rovinare tutto sono i dialoghi imbarazzanti dei due protagonisti. Già al terzo minuto avrei voluto riempirli di badilate sulle gengive.
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Violenza: | 5
Il tono è quello di una commedia pseudo-demenziale, le formiche per quanto ben realizzate non fanno paura ma non manca qualche leggera spruzzatina splatter.
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Humour:
| 4
Se l'intento era quello di strappare qualche risata, il film fallisce macroscopicamente. Non ho riso in mezza sequenza, e sì che non sono di gusti difficili, a me basta poco... qui non siamo nemmeno arrivati al minimo sindacale.
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XXX: | 0
Nulla da segnalare, nemmeno per il Neurone 4. Accontentiamoci dell'infermiera del gioco... ehm...
| Voto Globale: | 5,5
It came from the desert è stata una enorme, grandiosa occasione sprecata. L'idea di partenza, quella di omaggiare un videogame cult per gli appassionati ma quasi dimenticato dal resto del mondo, poteva essere vincente se accompagnata da una realizzazione meno superficiale. Aggiungiamoci che qui il gioco delle citazioni non funziona neanche un po', e il risultato finale non può che essere insufficiente. Peccato!
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